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#22M : Intervista a Foudal

Posted By Gigi On March 23, 2013 @ 10:16 am In Inchieste,Italiano | Comments Disabled

di RADIO UNINOMADE

Ciò che colpisce delle lotte dei lavoratori della logistica è, tra molte altre cose, quello che possiamo definire un vero e proprio processo collettivo di soggettivazione. Le lotte hanno certo avuto grande capacità di impatto e tenuta dove ci sono state figure di riferimento tra i lavoratori migranti. Ma a colpire, appunto, è la produzione attraverso le lotte di discorsi, linguaggi, modi di ragionare e pratiche comuni: questi non appartengono solo alle avanguardie delle lotte, ma all’intera composizione che vi partecipa e le organizza. Nel mezzo del blocco all’interporto di Bologna, per lo speciale di Radio UniNomade, abbiamo intervistato Foudal, lavoratore all’interno dell’hub felsineo e tesserato al S.I. Cobas. É esattamente la presa di parola il primo elemento che mette in evidenza: “Noi migranti abbiamo poche opportunità di parlare. Ora abbiamo iniziato a farlo con le lotte”.

Qual è allora l’importanza di questo sciopero generale della logistica?

Con questa giornata i lavoratori vogliono denunciare che il settore della logistica ha subito in questi anni profonde trasformazioni che hanno sdoganato il più brutale sfruttamento. La maggior parte dei lavoratori sono migranti che costano meno e non hanno peso politico. I sindacati hanno completamente abbandonato questo settore, e per motivi che sono più politici che organizzativi è lasciato nelle mani delle cooperative: io ho studiato matematica e questo sistema lo chiamo intervallo, una zona di sospensione in cui non ci sono leggi e ti picchiano come vogliono, non c’è nessun controllo fiscale e, soprattutto, rispetto al lavoro. Grazie al meccanismo del “socio lavoratore”, queste cooperative sfruttano e pagano le persone come vogliono. C’è in teoria un contratto, che però le cooperative non hanno mai avuto l’obbligo di rispettare. Sono state le lotte a obbligare le cooperative al rispetto del contratto: tutto quello che abbiamo è stato conquistato solo con le nostre forze, cioè con il conflitto e l’organizzazione che ci hanno dato il coraggio di sconfiggere la paura, anche solo di chiedere se la nostra busta paga era in regola. Tutto questo avveniva con la complicità di Cgil, Cisl e Uil. Dopo le lotte la situazione è ora molto migliore, ma è solo una tappa di un percorso di mobilitazione.

I processi di deregolamentazione del lavoro in Italia hanno lasciato mano libera alle cooperative, che sono oggi sicuramente una punta avanzata delle forme di precarietà e ricatto. Le lotte stanno imponendo le pur ridotte garanzie del contratto collettivo nazionale del settore, che padroni e sindacati confederali stanno modificando in senso ulteriormente peggiorativo…

Questo è uno dei pochi contratti nazionali che propone un peggioramento delle già terribili condizioni di lavoro. Gli unici a opporsi sono i sindacati di base S.I. Cobas e, in Veneto, Adl Cobas: non sono uguali ma hanno obiettivi comuni. Le vittorie che sono state raggiunte dalle lotte dei lavoratori in questi anni sono il motivo per cui questi due sindacati  sono cresciuti molto. È il loro mettersi al servizio delle lotte che ha fatto e continuerà a fare la differenza. I lavoratori stanno con il sindacato che vince, non con quello che non si preoccupa di tutelare i loro interessi o addirittura li svende.

Come avete concretamente cominciato a organizzarvi nell’interporto?

A Bologna la mobilitazione è iniziata in altri magazzini, prima alla Gls, poi alla Tnt e in altre cooperative. Noi abbiamo iniziato concretamente a vedere che con le lotte le condizioni di lavoro miglioravano e i padroni erano obbligati a firmare contratti migliori. Alla Dhl abbiamo ottenuto un aumento senza neanche un minuti di sciopero, solo minacciandolo. Ma siamo solo a una parte del riconoscimento dei nostri diritti, li vogliamo tutti e ce li stiamo prendendo con la lotta.

Noi migranti abbiamo anche il problema del permesso di soggiorno e abbiamo capito che

la legge Bossi-Fini è stata fatta per abbassare il costo del lavoro. Le leggi non le fanno solo i partiti ma le fanno direttamente i padroni. Quindi, il modo migliore per combattere contro la legge Boss-Fini è costruire i rapporti di forza per sconfiggere i padroni che l’hanno creata.

* Pubblicato su “il manifesto”, 23 marzo 2013.


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