Essere il capo di se stessi: Breaking Bad e l’Imprenditore


  31 / 08 / 2012

di JASON READ

Breaking Bad è stata descritta dal suo creatore Vince Gilligan come l’evoluzione da “Mr. Chips a Scarface”, il passaggio di Walter White, personaggio centrale della serie, da insegnante di chimica delle superiori a boss della droga. Ciò probabilmente descrive bene la serie in poche parole, e già da questo punto di vista la serie è abbastanza innovativa. La ripetizione definisce la televisione, e fare una serie in cui il protagonista diventa un cattivo è un esperimento provocatorio, a dispetto della visione convenzionale che vede tutte le deviazioni dalla premessa iniziale di una serie come espedienti destinati a rovinarla. Tuttavia, credo che la serie diventi ancora più interessante se si gratta sotto la superficie, e si vede quanto ha a che fare con il lavoro e l’ideale di liberare se stessi dal lavoro attraverso la fantasia di diventare imprenditore.

Le immagini iniziali della vita di Walter prima della diagnosi di cancro non sono immagini di sfruttamento, ma di degradazione del lavoro contemporaneo. Sono immagini di lavori particolarmente umilianti: insegnare chimica a studenti disinteressati e lavare automobili. La diagnosi di Walter lo libera da questo mondo tanto quanto lo distrugge. Parte di ciò che rende Walt simpatico, fa di lui una figura di fantasia, nei primi episodi è il suo essere tra due fini: la sua condanna a morte lo ha liberato da norme e restrizioni della vita quotidiana, in particolare da quelle che lo costringevano a svendere la propria dignità per un salario.

Vale la pena notare che Adam Kotsko ha sostenuto che questa idea generale di libertà dalle norme sociali attraversa tutta la “televisione di fascia alta”. Tony Soprano, Stringer Bell, Dexter, House, Nucky Thompson, e Walter White potrebbero tutti essere classificati come sociopatici. Se Kotsko descrive questo tipo sociale così: “La fantasia del sociopatico, quindi, rappresenta un tentativo di sfuggire alla natura inevitabilmente sociale dell’esperienza umana. Il sociopatico è un individuo che trascende il sociale, che non è vincolato da esso, in  nessun modo e che può quindi utilizzare il sociale come un mero strumento”, Walt rientra sicuramente in questa formula, e  lo fa sempre di più: ogni stagione culmina in un atto di trasgressione morale, dal lasciare morire la fidanzata di Jesse all’avvelenare un bambino. Non voglio spendere troppo tempo sul libro di Kotsko, che vale sicuramente la pena leggere, in parte perché non è realmente interessato a Breaking Bad (dedica più tempo a serie che non ho mai visto, come Dexter e House), ma soprattutto perché sono più interessato a seguire l’angolazione del lavoro che quella delle norme sociali.

Col progredire della serie l’atto iniziale di liberazione di Walt dalle norme sociali diventa una routine quotidiana: la produzione di meth risulta essere un lavoro. Il crescendo di ribellione di Walt, il suo “Breaking Bad”, a cui segue la sua trasformazione personale si rispecchia ed è complicato dalle trasformazioni del processo di produzione, e dalle sue particolari relazioni sociali. Col primo partner di Walt, il suo ex studente Jesse, la divisione del lavoro tra i due è piuttosto semplice, Walt cuoce la meth e Jesse la vende. Questa divisione è tanto morale quanto tecnica, Walter White non vuole avere niente a che fare con gli elementi sgradevoli del traffico di droga. Jesse, però, si dimostra incapace di essere all’altezza del compito, e i due si ritrovano subito con problemi relativi allo smercio della droga. La ricerca di Walter e Jesse di un modo per distribuire il loro prodotto è uno dei nodi più importanti dello serie: è l’ascesa su per la scala del traffico di droga dallo spacciatore locale al boss principale. Al centro di questo intreccio, che prende due stagioni e mezza della serie, è il loro ingaggio da parte di Gus Fring, il boss della droga del New Mexico.

Gus non è solo un boss della droga, è anche il proprietario di Los Pollos Hermanos, un franchising di successo di ristoranti di pollo. Questi ristoranti sono l’alibi perfetto per il traffico di droga, fornendo copertura per la produzione e la distribuzione. Il franchising è anche allegoria centrale della lotta tra Gus e Walt. Gus si presenta inizialmente come un uomo d’affari consumato, e come qualcuno che per l’aplomb e il comportamento, finanche per la Volvo che guida, appartiene completamente alla classe manageriale. Gus inizialmente rifiuta di lavorare con Walt e Jesse, perché Jesse è un “tossicodipendente”. L’umiliazione di essere rifiutati  per un lavoro di produzione di metanfetamine per essere un tossicodipendente, ricorda quella di essere rifiutati per un lavoro ripetitivo ed  estenuante a causa di un test anti-droga fallito.

Ma è quando Walt e Jesse vanno a lavorare per Gus che la logica economica diventa davvero centrale. Il rapporto di Walt con Gus evolve da un rapporto mercantile, con Walt come produttore indipendente e Gus in qualità di acquirente e distributore,  alla sussunzione formale. Carlo Vercellone sostiene che la sussunzione formale può essere definita come una contraddizione tra l’autonomia relativa della conoscenza dei lavoratori, in questo caso l’abilità e il talento di Walt come chimico, e la dipendenza del lavoratore dal capitalista, in questo caso la rete di distribuzione di Gus. Walt sfrutta continuamente la sua abilità e conoscenza, il suo ruolo indispensabile nel processo di produzione, contro il desiderio di Gus di un controllo totale. Come The Wire, Breaking Bad utilizza il traffico di droga come allegoria del capitalismo, ma mentre The Wire è incentrata sulla logica complessiva del capitale, la spietata rincorsa del profitto, Breaking Bad descrive il mondo del lavoro. Un mondo che è descritto come lavorare per un capo che è un “cazzone”, che a sua volta lavora per un capo che è un “super cazzone”, e nessuno sa cosa stia succedendo, in una parola, “kafkiano”.

Naturalmente il traffico di droga aggiunge un po’ di brutalità a questa alienazione, ma la logica complessiva di Gus è quella del passaggio dalla sussunzione formale alla sussunzione reale, in cui lo skill dei lavoratori è distrutto. Nel mondo del fast food, questo avviene attraverso l’automazione dell’intero processo, la sostituzione dei cuochi con le friggitrici, ma nel mondo della meth ciò comporta la ricerca di un sostituto, un altro chimico esperto. Lo sventurato Gale è assunto per questo scopo, ma Walt lo fa uccidere da Jesse per proteggere la propria vita. Questo atto di uccidere il sostituto può essere letto come una sorta di fantasia della classe media bianca maschile. Alle  frustrazioni iniziali di Walt nella prima stagione, di un uomo che ha lavorato sodo tutta la vita solo per avere il cancro, una precaria condizione economica, e l’umiliazione  che ne consegue, fa eco la fantasia di essere in grado di uccidere il suo sostituto, per evitare di essere ucciso e rimpiazzato. Naturalmente, questa fantasia è niente in confronto alla fantasia finale: uccidere il proprio capo e bruciare l’intera fabbrica,  ciò che Walt e Jesse arrivano a fare alla fine della quarta stagione. Uccidere la concorrenza e il capo possono essere descritte come fantasie della working class, ma meramente negative: distruzione senza solidarietà o qualsiasi idea migliore che diventare ”il capo di se stesso”.

La quinta stagione si apre con un interessante paradosso, da un lato Walt e Jesse ora sono liberi da Gus, ma d’altra parte si comincia a vedere qual’era la portata della sua impresa. Walt vede se stesso come qualcuno che si è liberato, che ora è il padrone di se stesso, ma il suo lavoro richiede il lavoro di molti altri, distributori, chimici corrotti, ecc, Questo paradosso è in parte spiegato dalle caratteristiche della meth, una droga che ha come componenti prodotti industriali, sia se si usa la pseudoefedrina, sia nel caso della metilammina, la soluzione innovativa di Walter. Mentre potrebbe essere possibile per i coltivatori di marijuana avere un’etica del “coltivare in proprio”, ogni “cuoco”, ogni produttore di meth è necessariamente coinvolto con altri produttori. Questi altri produttori e distributori di prodotti chimici, non si conoscono né interagiscono tra loro, e possono, in teoria, essere sostituti: finché questi altri produttori appaiono solo come venditori di beni da acquistare, allora è possibile credere che si sia autonomi da loro.

Per tornare a un passaggio che ho citato più volte sul mio blog, la formula di Marx nei Grundrisse può essere intesa come la descrizione di questo particolare tipo di socialità.

”È soltanto nel XVIII secolo, nella «società civile», che le diverse forme del contesto sociale si contrappongono all’individuo come un puro strumento per i suoi scopi privati, come una necessità esteriore. Ma l’epoca che genera questo modo di vedere, il modo di vedere dell’individuo isolato, è proprio l’epoca dei rapporti sociali (generali da questo punto di vista) finora più sviluppati”.

Questa contraddizione tra autonomia e interdipendenza è illustrata nella quinta stagione di Breaking Bad in una scena del terzo episodio in cui Walt, Jesse, e Mike (uno sgherro di Gus ora entrato in società con Walt e Jesse) davanti ai loro guadagni, dividono le pile di soldi in tre parti. Mike procede poi a sottrarre il costo di distribuzione e il pagamento dei vari informatori. Questo frustra  Walt che vede la sua parte, e la sua autonomia, sottratte dollaro su dollaro. Ciò che fa questa scena, e l’inizio della quinta stagione, è mostrare che queste persone, e l’intera rete di distribuzione che rappresentano, finora erano rimasti fuori dallo schermo per lo spettatore. Fino a questo punto il focus narrativo della serie era stato il conflitto tra lavoratore e padrone nel luogo di produzione, ma ora che il lavoratore è diventato il capo, il conflitto si espande, include le reti di produzione e distribuzione che avvolgono l’impresa.

Dal momento che ho già scritto della meth come allegoria della politica americana, è difficile non leggere questa scena sullo sfondo dell’immaginario politico americano, che è polarizzato tra coloro che considerano la società come un insieme di “creatori di posti di lavoro”, che creano ricchezza attraverso la loro abilità e ambizione, e l’idea che sono le infrastrutture a rendere possibile il business, che sottolinea, tuttavia docilmente, la dipendenza della creazione di ricchezza dal lavoro degli altri. Ciò che colpisce di questo dibattito, al di là della natura grossolana del suo immaginario, qualcosa che si addice più  a un libro per bambini che a un punto di vista sull’economia politica, è  l’ostilità di quelli che credono ai “creatori di posti di lavoro” ad ogni suggerimento sulla dimensione necessariamente sociale della produzione. È a questo punto che la lettura di Walter White come una sorta di figura di fantasia per la classe media bianca in declino diventa utile. Walter rivela che la logica del capitalismo contemporaneo, la fantasia di essere non solo un provider, ma un “creatore di posti di lavoro”, che non è collegato a nessuno, non dipende da nessuno, ma ha solo dipendenti, è di per sé una sorta di sociopatia generalizzata.

* Traduzione di Vincenzo Boccanfuso. Il testo in inglese è pubblicato su Unemployed Negativity.


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