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Capitalismo digitale e bioproduzione cognitiva: l’esile linea fra controllo, captazione ed opportunita’ d’autonomia

 

di GIORGIO GRIZIOTTI [1]

Dinamiche ed organizzazione DEL LAVORO e DELLA VITA nel  cognitivo digitale

Massificazione dell’Offshore ed i tentativi di taylorizzazione

Le  grandi Software engineering companies meglio definite in francese come  Sociétés de Service en Ingénierie Informatique (SSII) che agiscono a livello multinazionale  sono rappresentative del concetto di fabbrica cognitiva del lavoro digitale.

Ogni Corporate dispone di decine e talvolta di qualche  centinaia di migliaia di  collaboratori, senza contare i milioni dell’indotto.

Il loro comune più significativo è uno stesso prodotto di base tanto all’acquisto che alla vendita : il giorno/uomo, la giornata di lavoro cognitivo o in altre parole la disponibilità di menti umane con un certo know-how .

Le grandi SSII hanno vissuto dalla loro creazione dagli anni 60  e sino ai 90  nello stesso ecosistema  e con le stesse regole di gestione delle multinazionali operanti in altri settori: caratterizzate cioè dalla presenza di Capitale fisso e da una delocalizzazione limitata.

In seguito il crollo dei costi di rete e l’emergere dell’egemonia finanziaria nella gestione  accellerano una serie di trasformazioni radicali di cui la  localizzazione massiccia del lavoro  verso i paesi emergenti (offshore), ed in particolare l’India, è certamente un fatto marcante

Bisogna pero’ integrarlo in una visione più ampia dove  il cambiamento radicale di “gouvernance” genera una profonda  trasformazione dell’organizzazione del lavoro:

cambia il ruolo del middle management,  delle gerarchie locali e globali, delle metodologie e, aspetto che svilupperemo, la policy di gestione dei collaboratori.

Essi diventano semplicemente  Human Ressources,  le Risorse Umane,  un termine anglosassone ben calibrato per mettere l’umano sullo stesso piano delle altre risorse e materie prime.

Innanzitutto con l’offshore vengono introdotti e forzati degli elementi di taylorizzazione  nel processo di produzione .

Certo scrivere un codice informatico o più in generale lavorare nell’ambiente tecnico di un progetto software lascia spazi alla creatività personale ed implica conoscenza dei nuovi ambienti di sviluppo o di tecniche d’interoperabilità ed inoltre gli sviluppatori hanno un grado d’autonomia certamente più ampio di quello di altri lavoratori del cognitivo tecnologico come  gli addetti ai call center pero’, come vedremo, è proprio su questi aspetti che l’attacco è portato oggi.

L’offshore non cambia la base di un’organizzazione basata sul principio Project Management ma lo rende più delicato e complesso.

Tutta la pressione è messa allora su una frammentazione delle mansioni in modo da poterle controllare in dettaglio ed evitare i rischi di overrun (progetto che va in “rosso„).

Prima dell’offshore the state of the  art del Project Management imponeva di avere un team in contatto diretto o in prossimità col cliente.
L’offshore costringe ad un cambiamento profondo: la nuova  organizzazione deve prendere in conto la distanza fisica, idiomatica, culturale ed oraria di lavoratori che collaborano ad uno stesso progetto. Questo genera uno sforzo ulteriore per costruire un’infrastruttura ancora più densa. Si tratta di organizzare sistemi di controllo ancora più rigorosi e fini.

Nel paragrafo seguente analizzeremo le conseguenze di questi cambiamenti per i lavoratori nei paesi a capitalismo maturo.

Dalle stelle alle stalle: IL GRANDE CAPOVOLGIMENTO per i lavoratori delle  NTIC

le pressioni ed il contesto a cui sono sottoposti   i lavoratori cognitivi OGGI

In Francia un’ondata di suicidi legati al contesto professionale e talvolta attuati sul luogo di lavoro, di dipendenti, spesso quadri intermedi o funzionari, a France Telecom – Orange, che si intensifica nel 2009 e continua nel 2010, diciotto nei primi sette mesi,  suscita enorme scalpore e sorpresa nei media e nell’opinione pubblica.

Certo le premesse del tremendo fenomeno era apparse in altri luoghi simbolici del lavoro cognitivo come il centro di ricerca della  Renault “Technocentre” alle porte di Parigi.

France Telecom-Orange, operatore telefonico storico ed anche  la più grande Corporate francese delle NTIC dispone sul territorio nazionale di circa 120 mila dipendenti.

Presa nella grande ondata di privatizzazioni imposta dal potere politico europeo come Telecom Italia, British Telecom ecc.  viene quotata in Borsa nel 2000 (lo Stato restando l’azionista di riferimento) . A partire da questo momento, dopo essersi indebitata per decine di miliardi di Euro, spesso persi in speculazioni sbagliate, la direzione è ossessionata da un problema a prima vista insolubile: come espellere in massa quaranta o cinquantamila  “esuberi” che sono impiegati statali e non licenziabili per ragioni economiche.

La trovata è semplice: poichè in Francia un funzionario statale non puo’ rifiutare gli spostamenti di sede di lavoro, la direzione allora , con ispirazione polpottiana, impone un movimento ogni tre anni e poco importa se il dipendente ha una vita sua o  figli o famiglia …

Quando i suicidi aumentano i più sorpresi sembrano proprio la dirigenza ed i grandi sindacati. Della prima resterà famosa la cinica frase dell’ex-Presidente e Direttore Generale Didier  Lombard  su una presunta “moda del suicidio”,  i secondi invece, occupati com’erano  a dividersi posti e prebende in collusione col potere politico, pare che come al solito non si fossero accorti di nulla.

Dopo France Telecom purtroppo i suicidi o i tentativi si moltiplicano nelle SSII ed in altre organizzazioni dove i lavoratori sono sottoposti a stress continui e prolungati: come si è arrivati a questo punto nel 2010 in un settore dall’espansione continua portata fra l’altro dall’esplosione della  rete mobile e del cellulare prima nel NORD et poi anche al SUD e nei paesi emergenti  (Africa, Asia,  Sud America ) dove France Telecom è molto presente ?

E com’è possibile quando stiamo assistendo inoltre alla  convergenza di reti ed all’emergenza del Mobile 2.0 che svilupperemo in un  paragrafo successivo?

Per rispondere propongo di approfondire l’analisi delle dinamiche delle condizioni di lavoro nelle SSII..

Alla fine degli anni 90, benchè  il peso del capitale fisso sia ormai drasticamente diminuito grazie fra l’altro alla  banalizzazione e la diffusione dei PC principale strumento di lavoro, sussistono ancora una “cultura d’impresa” e delle metodologie di lavoro dette di “produzione” di cui queste imprese si dicono fiere e su cui basano il loro marketing.
Bisogna integrare quest’atteggiamento nella loro strategia di tank di know-how cognitivo finalizzato al delivery di enormi applicazioni informatiche gestionali (eg. l’ERP o pacchetto di gestione integrata del’impresa o  la fatturazione dei clienti di telefonia cellulare) che mobilizzano vaste capacità collettive; cio’ costituisce non solo una caratteristica essenziale della loro attività ma anche la base della loro profittabilità.

In questo periodo la gestione dei collaboratori è ancora spesso artigianale: un grande margine di manovra è lasciato al Middle Management. Solo qualche direttiva generica è emanata dalla direzione.
Il momento centrale è l’intervista annuale di bilancio e sviluppo carriera in cui si analizzano e si valutano sommariamente le competenze, i comportamenti e le possibilità di evoluzione e si conclude con  una valutazione che orienterà l’eventuale aumento di stipendio. Siamo in un periodo di forte richiesta (bug dell’anno 2000 ed espansione della telefonia cellulare) ed il rapporto di forza è ancora abbastanza favorevole per i salariati.

Tutto cambia velocemente  a partire dal 2001/2002 coll’esplosione della cosiddetta “bolla internet”, quella che sembra in un primo momento una crisi passeggera del settore TIC è in realtà l’inizio di una trasformazione profonda ed irreversibile. Il surplus di banda passante, risultato degli investimenti degli anni di euforia, è svenduto durante la crisi.

Le multinazionali anglosassoni, IBM in primis, sfruttano quest’occasione per lanciare consistenti programmi d’offshore, ma anche se i nuovi mezzi tecnologici sono indispensabili, la causa prima del cambiamento è dovuta, come in altri settori, alla profonda mutazione che conduce da una gestione industriale ad una a dominante  finanziaria.

Abbiamo visto nel paragrafo precedente comme l’offshore imponga una nuova organizzazione dei progetti atomizzata e depersonalizzata.

Le conseguenze si fanno sentire: l’ambience dei grandi progetti si degrada cosiccome la qualità,  e molti non vanno in porto. Le condizioni di lavoro sono sempre più stressanti, demotivanti e spesso conflittuali.

Con la massificazione dell’offshore  la profittabilità personale  (il ricarico è in genere del 40 / 50% sul costo del lavoro)  non garantisce più la perennità del posto al collaboratore francese o  europeo.  Il sacrosanto principio di base: “anche nella crisi i buoni elementi saranno salvaguardati”  vola in pezzi.

Nell’ambito della  gestione carriera  è la fine delle valutazioni soggettive ed artigianali  del periodo precedente, si passa a metodi industriali coll’introduzione di software specializzati

Questi pacchetti implementano delle  griglie e matrici complesse di competenze, di definizione di profili professionali e permettono un’analisi individuale estremamente fine e dettagliata
Essi sono utilizzati tanto dai manager che dai dipendenti per formalizzare ogni intervista di bilancio carriera.

Si pretende che questi tools garantiscano una valutazione più “oggettiva ed omogenea”, che siano utili per dare al collaboratore una qualificazione precisa e si sottintende che le griglie di autovalutazione proposte ai collaboratori  siano una  prova di democrazia.

La realtà purtroppo è ben diversa, si tratta in pratica di strumenti d’ottimizzazione finanziaria  che inducono una  disumanizzazione del lavoro

Vediamo più in dettaglio qualche elemento indotto da questi nuovi procedimenti e le cause del  malessere e sofferenza che pervadono i luoghi di lavoro cognitivo cominceranno ad emergere:

  • La frammentazione  estrema delle classificazioni professionali :  tre grandi professioni, una decina di ” mestieri”  per ogni professione, parecchi “gradi”  per ogni mestiere e finalmente alcune decine di competenze specifiche per ogni grado di valutazione. Alla fine ci si ritrova con una matrice di qualche centinaia di caselle che  sembra corrispondere ad una volontà di rendere il collaboratore l’equivalente di un pacchetto di competenze. Un  ingranaggio intercambiabile “dell’industrializzazione  dei servizi informatici”. E non più una persona
  • Un esempio edificante: “Saper gestire lo stress” è una delle rare competenza non tecniche con peso importante nella valutazione del Middle Management (in genere i Project Managers della fascia 30/40 anni) ma non è presente  nelle griglie di valutazione dei dirigenti di più alto livello …
    Non è un caso: il Middle Management è preso nella morsa fra esigenza di un forte profitto a breve termine delle Corporates da un lato e la necessità  di creare il clima di cooperazione umana indispensabile alla riuscita d’un  grande  progetto dall’altro.
    Ovviamente questa cooperazione “armoniosa” è ancora più difficile da  ottenere quando il progetto è splittato fra Nord e Sud, Europa ed India per esempio.
    I Project Managers che  non hanno la resistenza psicofisica necessaria nelle fasi iniziali dei grandi progetti (si lavora per mesi ad un ritmo di 14 o 15 ore al giorno e spesso anche il week end)  si ammalano e vengono, in un modo o nell’altro, espulsi.
  • Il distacco  progressivo della direzione dalla produzione come testimoniato dal punto precedente.  Questa distanza va di pari  passo con la forte frammentazione  delle valutazioni di cui sopra.
  • Aldilà delle apparenze non c’è la minima traccia di democrazia nelle valutazioni:  l’autovalutazione è spesso utilizzata contro i collaboratori ingenui o senza esperienza e non c’è nessun ricorso possibile alla valutazione data.
    Al contrario essa è un’arma ampiamente utilizzata dalle direzioni generali che impongono spesso ai manager delle percentuali di valutazioni negative. Ciò in vista di gelare gli aumenti in generale e di effettuare licenziamenti individuali o collettivi  di cui i Seniors  sono le prime vittime.
  • Un discorso a parte è necessario per i Seniors:  in Francia lo si diventa ufficialmente a 45 anni. Nello stesso tempo come altrove  c’e una forte spinta governativa a portare l’età del pensionamento a 65/70 anni.  Qual’è il modello di una società  dove il datore di lavoro comincia a licenziare a 45  anni e lo Stato impone di lavorare sino a 70?

una strana coppia si aggira fra  Bangalore e la Silicon Valley

Negri e Hardt scrivono in Commonwealth  (Ed Harvard Press 2009 P. 289) che  “solo la finanza ha la piena capacità di braccare il rapido mutamento e la  crescente  produzione sociale globale  dei circuiti dell’economia  biopolitica  estraendo ricchezza ed imponendo comando”.
Nel caso della produzione biopolitica legata al capitalismo digitale la finanza ha bisogno di braccia armate sul terreno: si  tratta della strana coppia che si aggira fra Bangalore e la Silicon Valley…
Cominciamo da  Bangalore dove simbolicamente si sposta  il comando dei Servizi d’Ingegneria informatica, in una sorta  di  “Jaguarizzazione”,  per fare un parallelo con uno dei simboli dell’industria automobilistica inglese passato sotto il controllo degli ex colonizzati indiani.
Sintetizziamo  gli aspetti salienti di quest’attività che  vende pura forza lavoro:

  • La riuscita e la qualità del lavoro dipendono certo dalle competenze tecniche ma anche e soprattutto, come abbiamo accennato precedentemente, dalla capacità di cooperazione e quindi dall’armonia e dal “clima” che regna all’interno dei progetti
  • La creatività dei singoli è un elemento essenziale
  • La diversità dei ruoli e del know-how, includendo l’esperienza dei senior,  all’interno di un progetto è essenziale

A prima vista sembrerebbe  molto contraddittorio che, per ciascuno dei punti citati, il comando capitalista metta in atto la politica di sistematica frammentazione e disumanizzazione del lavoro con la consequente demotivazione che stiamo constatando: l’installarsi d’un clima di stress e d’ultra competitività individuale porta enormi pregiudizi in termini di profitto.
Lo spostamento strategico del comando verso l’India ed  altri paesi emergenti, a basso costo di lavoro cognitivo,  non implica obbligatoriamente la messa in atto di tale politica e non puo’ giustificare da sola la presa di gravi rischi.
E’ come se  questi imprenditori per estrarre richezza non abbiano trovato altro che tentare di riprodurre i vecchi schemi dell’organizzazione industriale ( parcellizzazione delle mansioni, ritmi forsennati) nonostante che la nuova fabbrica non abbia più mura o capannoni e che gli ultimi esigui “macchinari” di produzione siano la rete ed il PC.
Calati nel contesto attuale della produzione biopolitica questi schemi entrano in una fase di crisi continua:
nei servizi informatici la taylorizzazione della produzione cognitiva digitale ha i suoi limiti nonostante i tentativi di adeguare  il funzionamento del cervello umano ad una catena di montaggio virtuale e  di applicare le cadenze industriali ad una  produzione cognitiva delocalizzata.
In India la produttività è fragile: in fase di forte  domanda  le “maestranze cognitive” più qualificate vagano freneticamente  da un posto all’altro in cerca di reddito  portandosi dietro le competenze accumulate;  è da prevedere che altri strati meno qualificati, che praticano già oggi una forte resistenza riducendo la loro produttività col favore della distanza e dello sfasamento orario, entreranno rapidamente  in una fase di lotte e scioperi sull’esempio dei lavoratori cinesi nella produzione industriale.
Da noi l’esodo è già cominciato: sempre più stanchi e delusi del duro trattamento al quale vengono sottoposti, i più giovani cercano per il momento  sbocchi individuali o nicchie protette. I senior sono costretti  a riproporsi al ribasso come free-lancers o a rassegnarsi a sopravvivere di un welfare in  restrizione.

Il secondo luogo della strana coppia, ad un estremo opposto, è  la mitica  Silicon Valley dove si trova  Googgleplex, l’enorme campus, gabbia  dorata  dei “geek” californiani.
E’ qui che Google tenta esperimenti sociali in vaso chiuso: 20% del tempo di lavoro lasciato liberamente all’iniziativa personale di ciascuno per creare progetti innovanti. Una “buona idea” che ha portato ad alcuni successi eclatanti, quali la creazione del servizio  gmail…

Nella sua bulimia di monopolio Google non applica vecchie ricette ma trae profitto da una produzione biopolitica che ha perfettamente capito ed integrato. Cosi come  riesce a trarre profitti immensi dal gesto banale e globalizzato della  ricerca  su internet inventando il “payperclick”, allo stesso modo estrae  ricchezza  liberando un po’ di creatività dei suoi dipendenti. Involontariamente apre uno spiraglio che lascia intravedere l’enorme  potenziale  d’innovazione di una  produzione  biopolitica non più imbrigliata in un comune corrotto.
Lo shangri-la esclusivo di Google è politicamente più pericoloso: come Apple culla le generazioni dei “digital natives” nell’ illusione di facile successo nel contesto di un  modello capitalista soft celebrato da “Wired”.
Un aspetto importante che accomuna i centri di comando di  Bangalore e Palo Alto  è lo sfruttamento  da lunga data del “free ed open source software”  come un’esternalità positiva; un solo esempio: i due recenti sistemi operativi mobili di Google ed Apple  Android ed Iphone OS sono entrambi derivati da Linux concepito da Linus Thorvalds nel ’91 e pilastro  del free software .
Questo procedere non presenta loro nessun rischio, impone limitate restrizioni e dà innumerevoli opportunità di profitto.
Ovviamente questo non squalifica il fenomeno dell’open source et tantomeno quello più politicamente significativo del free software, ma dimostra quanto possa essere illusorio o fuorviante  utilizzarli come semplici  modelli antagonisti  da traslare  macchinalmente verso altri domini: Open Money etc.

In conclusione questa strana alleanza geoeconomica fra illusionisti del marketing virale ed imprenditori postcolonialisti non è una novità, senonché nel nostro caso non si tratta della tipica separazione fra concezione e fabbricazione industriale, ma del più grande  tentativo di ripartizione globale di una bioproduzione immateriale qual’è quella del cognitivo  digitale.
Essa mette in gioco e tocca sfere centrali delle trasformazioni di vita,  un po’ come  nella parte centrale del XX secolo era stato per la massificazione dell’automobile, un altro simbolo di un’altra produzione di massa, ma in modo esponenzialmente più dirompente. E’ un po’ come passare  dalla  velocità dello scorrimento del sangue nel corpo a quella del trasmettersi dell’informazione fra neuroni e sinapsi ben sapendo che entrambe le funzioni sono indispensabili alla vita.

Ed è in questa transizione senza precedenti che le prime  battaglie globali prendono corpo  ed altre  minacciose si annunciano.

sulla linea di demarcazione  fra Captazione,  controllo e opportunita di costruzione di un nuovo comune.

Super-prosumers , Biolavoro e crowdsourcing

Al Nord ed al Sud  i giovani lavoratori delle NTIC vivono una condizione particolare; sono i super-prosumer ( “prosumer” = produttore/ consumatore )  nell’ambiente del software  e dei dispositivi reticolari

Nel tempo di lavoro contribuiscono con il loro “know-how” tecnico e  la loro capacità creativa  a sviluppare  ed  utilizzare i digital commons del Net .

Nelle SSII questa creatività  è sfruttata dal management per aumentare la produttività. Un esempio fra i tanti:  alla fine degli anni 90 noto che su un progetto i giovani utilizzano un nuovo tool per comunicare in tempo reale, si trattava di uno dei primi  freeware  di chat (ICQ – I Seek you) … chat  senza il quale oggi sarebbe impensabile di poter lavorare in off-shore

Nel resto del loro tempo di  vita,  la separazione con quello del lavoro è tenue ed ambigua, essi  sono un target  privilegiato del marketing  technologico e dei “mondi “concepiti dalle multinazionali NTIC (Apple, Google e Microsoft solo per citare i più potenti e conosciuti…) in quanto  “geek” e creatori di tendenza.

Questi “mondi’ sono concepiti utilizzando fra l’altro  i mattoni da loro prodotti nelle fabbriche cognitive e dalla produzione comune del Net.

In questo secondo ruolo di crowdsourcers essi dedicano tempo di vita a creare contenuti, risolvere problemi e  contribuiscono a selezionare/ lanciare i  prodotti, le applicazioni e gli usi  che saranno adottati dalla early majority dei consumatori.
Adozione che garantisce il ROI (return on investiment), sacro graal del capitale finanziario…

Il Capitalismo Digitale cerca di manipolare l’innovazione  a suo modo come un prodotto ibrido nato dallo sfruttamento diretto del lavoro cognitivo e della produzione del comune.

Per arrivare a questo scopo esso ha esteso strategicamente il suo campo d’influenza: il perimetro limitato, definito nello spazio e nel tempo,  del lavoratore salariato salta,  non ci sono più frontiere né ruoli o (fusi) orari chiaramente definiti ; tutti sono costretti a contribuire  nel quotidiano anche se resistenze talvolta vittoriose appaiono qui e là come vedremo in seguito.

Le battaglie del “2.0”:

La rivoluzione dei bio-ipermedia,

Oggi l’attenzione dei lavoratori di punta  delle NTIC sembra  focalizzarsi sul tema della  “Mobillity 2.0” .

Occorre quindi estendere la visione Web 2.0 aggiungendo ed analizzando il fenomeno dell’espansione rapida degli Smartphones (e più recentemente dei tablets)  e soprattutto dell’ecosistema da loro indotto.

Gli  Smartphones sono dei dispositivi palmari che integrano in un terminale miniaturizzato un insieme impressionante di funzioni.  Oltre ad essere telefoni cellulari con funzioni di  computer comunicante essi posseggono  funzioni sensoriali come lo schermo multitattile, la macchina fotografica  e l’accelerometro ed  ubiquitarie come il GPS e la bussola digitale….

iPhone con il suo ecosistema applicativo  App Store  diventa, in un primo tempo, il paradigma della mobility 2.0 ed il catalizzatore di una nuova trasformazione,

Il problema è che  l’App Store, vero motore del successo, è “proprietary” e  completamente controllato da Apple che trae enormi profitti  dalla produzione comune del Net applicando una politica di marketing virale e di segreto paranoico.  Fortunatamente  la giustizia americana ha  stabilito di recente che jailbrekkare un iphone è  legale e legittimo, facilitando cosi la possibilità di accedere ad una più vasta produzione comune e free.

A fianco d’Apple avanza a grandi balzi Google con il suo sistema “open” Android, derivato come al solito da Linux, e l’ecosistema Android Market. Sebbene l’approccio sia profondamente diverso da quello d’Apple, Google non fabbrica Smartphones e fornisce gratuitamente Android a qualsiasi costruttore lo desideri, il suo fine è quello di  riprodurre sui terminali mobili il  modello di sfruttamento del comune che gli ha dato la leadership del Web 2.0.

E’ interessante notare come altri costruttori o editori arranchino dietro queste due locomotive:  Microsoft abbarbicato alla sua strategia di licenze paganti e di software proprietario et opaco,  modello ormai obsoleto anche nel Capitalismo digitale come dimostrato da Google, è costretto  ad importanti investimenti a grande rischio dopo aver perso un treno che era largamente sua portata; Nokia leader storico dei costruttori,  fatica a trovare una strategia e sembra alla fine ripiegare su un’alleanza con Intel per lanciare un’ennesima versione di Linux Mobile ed infine  la caduta simbolica dello storico  Palm a dimostrare come la tecnica senza un qualche coinvolgimento della bioproduzione non basti.

Le oltre centomila applicazioni disponibili sur l’App Store o Android Market  utilizzano e combinano tutte le funzioni di cui sopra ed altre ancora come  mass media (TV, Radio MP3), giochi; anche se non possiamo approfondire qui, un discorso a parte meriterebbero le applicazioni di tipo social networks che sugli smartphones si combinano con quelle di geolocalizzazione. L’occhio del grande fratello non è lontano ma ancora una volta si tratta di armi a doppio taglio…

In un prossimo futuro saranno inoltre disponibili quelle che  che permetteranno di utlizzarlo come  portafogli,  carta di credito  virtuale o titolo di trasporto.
E’ da notare che queste ultime  funzioni  esistono già su semplici cellulari nei paesi cosidetti “emergenti” che sono in anticipo ed hanno una leadership tecnologica nel campo dei micro-pagamenti.

Già oggi una ricerca confidenziale fatta da un grande operatore telecom europeo indica che circa 75% delle persone che dimenticano il cellulare a casa tornano a cercarlo.

Pare quindi probabile  che questi dispositivi  siano destinati ad essere sempre più indissolubilmente legati al nostro corpo ed alla nostra vita ed è per questo che propongo di chiamarli  Bio-ipermedia.

Strumenti  allo stesso tempo affascinanti e pericolosi poiché di una potenza ineguagliabile  per  l’esercizio individuale del bio-potere ma anche quello di  contro-potere perchè aprono  alla moltitudine nuove prospettive di comunicazione e di cooperazione nei comportamenti, nelle relazioni sociali, nei desideri e negli affetti.

La business technology non vince sempre

Più in generale gli attori del capitalismo digitale  concentrano  la loro azione verso la captazione di questi nuovi comportamenti di vita, di lavoro  e di socialità

È per loro  l’asse principale della ricostituzione del profitto dopo la quasi scomparsa del capitale fisso, da cui il concetto “Business Technology” tanto in voga nei loro ambienti: l’utilizzo della tecnologia per creare del profitto estraendo  del lavoro gratuito e/o della rendita

L’integrazione delle applicazioni delle platforms Web e Mobile 2.0 con il resto della “vecchia” economia è utilizzata  per moltiplicare questo  potenziale di sfruttamento.

Qualche esempio fra i più conosciuti: il già citato pay per click di Google, il self-care una trovata per estrarre lavoro e soldi dal cliente a cui è stato venduto un prodotto non affidabile o non finito (cf fenomeno della “Perpetual beta” su wikipedia) o il low cost.

Pare chiaro che la Business Technology agisca nello stesso modo del Capitalismo finanziario  quando quest’ultimo capta valore da altri aspetti della vita come il diritto alla casa o il diritto alla pensione

Molte  battaglie sono in corso e l’esito è incerto.

Certe battaglie sono vinte  comme nel caso dei DRM (digital right management): la moltitudine ha costretto le multinazionali dell’Entertainement e le amministrazioni statali ad una  disastrosa ritirata nel controllo e l’estrazione di rendita per mezzo dei cosiddetti diritti d’autore. E’ una vittoria importante, simbolica e strategica che  ne prefigura altre.

Poco importa se lel 2010 in Francia un governo reazionario e spesso incompetente si sia precipitato con foga, approssimazione e molte difficoltà a varare una legge di controllo e repressione chiamata HADOPI. E’ di pubblica notorietà che né i politici né i dirigenti tecnici che dovrebbero  implementarla e metterla in esecuzione credano ad una minima efficacia se non a causa di un effetto psicologico di  breve durata.

A volte la linea di demarcazione tra i due campi è difficile da percepire, è confusa, essendo le sovrapposizioni così dense. Come negare che Skype, solidamente in mano al capitale finanziario, abbia permesso di ridurre drasticamente il prezzo della telefonia fissa nel mondo?

Oppure tornando sul  concetto del crowdsourcing:  esso può diventare lo strumento di biopotere  per eccellenza tramite le  Ntic tuttavia  è allo stesso tempo il concetto che dà vita a quel tool straordinario che è WIKIPEDIA;  od anche la capacità della moltitudine di monitorare autonomamente il territorio contro abusi di tutti i tipi dalle aggressioni umane a quelle ambientali.

Se introduciamo questo confronto nel quadro dell’attuale crisi sistemica ci troviamo allora al centro della battaglia tra l’opportunità storica e straordinaria di costruire il nuovo comune dell’era cognitiva  e la minaccia del recupero continuo del Moloch (o piuttosto Cyborg?) Ecomomicus ferito…


[1] Senior Consultant in  una Corporation  dei servizi di ingegneria informatica.

En 2010: co-organizzatore con Toni Negri, Carlo Vercellone, Elicio Pantaleo  ed aa. del Seminario “Travail, Crise et Souffrance”  Maisons des Sciences Economiques Université Paris 1

[email protected]

 

 

 

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