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Il consumo libera – Sei ipotesi sul passaggio dal vecchio neoliberalismo escludente al nuovo capitalismo runfla (che lo include e supera)

Posted By Gigi On April 15, 2013 @ 9:13 am In Articoli,Italiano | Comments Disabled

di DIEGO VALERIANO

Pubblichiamo la traduzione di un articolo di Diego Valeriano che riteniamo particolarmente utile all’approfondimento del dibattito sull’emergenza di un nuovo tipo di conflitto sociale che abbiamo aperto negli ultimi mesi nel Laboratorio America Latina.


Il testo offre una lettura delle trasformazioni in corso in Argentina attraverso il paradigma del
capitalismo runfla. Runfla è un termine lunfardo pressoché intraducibile: tradizionalmente “moltitudine di cose o persone”, “plebaglia”, qui inteso come qualcosa ai bordi dell’illegalità, una sorta di mafia priva delle strutture organizzative che normalmente la caratterizzano. A seguire, tre brevi testi tratti dalla serie “capitalismo runfla” di Diego Valeriano e pubblicati nel blog Lobo Suelto in gennaio. Lo stile narrativo particolarmente porteño, ironico e cinico ne rende forse di tanto in tanto faticosa la lettura, e tuttavia si tenta in essi un’analisi della fase – dalla dichiarata fine dei movimenti sociali che hanno caratterizzato la formidabile stagione di lotte del 2001 argentino, all’emergenza di una nuova e complessa cittadinanza popolare – che offre nuovi apparati concettuali per comprendere e affrontare le ambivalenze del presente globale.

1. Nel primo decennio di questo secolo, e parallelamente alla crisi del capitalismo europeo, ampli strati dei settori popolari del mondo urbano (dell’Argentina e di altri luoghi del mondo) vivono un ciclo, favorevole, di incorporazione al consumo. Si può pensare questo nuovo acceso alla ricchezza come parte di un processo di liberazione (e non, come recita la tradizione “critica”, come alienazione), a condizione di definire con maggiore precisione questa idea di “liberazione”.

2. Con l’aumento del consumo cambiano i modi di sentire e di pensare, i legami, i modi di essere, di amare, di godere e di morire. Si aprono nuove possibilità e i saperi tradizionali su come governare la popolazione perdono efficacia. Lontana da qualsiasi ricaduta nelle forme classiche di organizzazione, l’azione collettiva si apre a un nuovo corso, un tempo inedito e imprevedibile. Di questo processo fanno parte, molte volte al di là della loro volontà, gli attori più diversi, dai sindacati, le ONG e le organizzazioni di base, fino agli abitanti che reclamano giustizia e ai movimenti sociali legati o meno ai governi.

3. Il vecchio neoliberalismo, quello che produceva esclusione sociale, è stato distrutto prima di tutto dal basso: è l’esperienza di vita quotidiana per l’immensa popolazione della periferia. Sul suo cadavere si è costruito, sempre dal basso, quello che stiamo cominciando a chiamare capitalismo runfla. Si tratta della fase nuova e superiore del neoliberalismo, di carattere popolare e inclusivo. Lo stato, in sintonia con questa fase, dispiega una retorica populista e prende misure per sostenere e cercare di guidare questo processo.

4. Se poniamo la questione della liberazione è perché il motore di questo capitalismo runfla è il consumo di massa. Ciò accade, per lo meno oggi, in buona parte di quella che in un’altra epoca era la periferia del sistema-mondo e attualmente forma il formidabile asse sud/sud (o paesi aderenti al BRIC). La salute di questo tipo di capitalismo dipende, lo abbiamo detto, dall’accesso al consumo, autentico motore politico di questi processi e delle trasformazioni in corso. È in questo contesto che si mette in gioco su vari piani (nazionali e regionali) la possibilità della rottura dei legami storici di dipendenza sud/nord.

5. Questo processo di “liberazione” va inteso in modo sempre relativo e come parte di un processo conteso. Non vi è alcun dubbio che lo stesso processo che porta all’aumento del consumo possa essere interpretato come la base di nuove dipendenze (di tipo “oggettivo”: mercato mondiale, sistema finanziario e tecnologico; e di tipo “soggettivo”: modello di consumo, crescente subordinazione di tempo al comando esterno per garantire il consumo, ecc.). Insistiamo, tuttavia, che nel corso di questi processi  si rafforza una galvanizzazione dei poveri a partire dal consumo (d’altra parte, lungamente ritardato). Senza smettere di esserlo (pur tendendo a liberarsi anche della maniera di categorizzare la stessa categoria), i poveri apprendono a sfruttare, a loro beneficio, le gerarchie sociali. E lo fanno, soprattutto, mediante la tecnica della continua trasfigurazione dei territori fino a renderli incomprensibili, inafferrabili, irrazionalizzabili. E ingovernabili (almeno per i vecchi saperi dell’arte di governare).

6. Questa forza che non si detiene, questa “vitalità dei poveri” è sfidata da molteplici piani: le statistiche, la solidarietà, la riciclata “povertà” francescana (l’enfasi sull’“amore” cristiano non è un tentativo di ricomprendere ciò che questo processo ha di liberatorio?). Le battaglie di questo processo di liberazione sono quotidiane e feroci. Il conflitto cronico dei poveri con l’apparato repressivo statale (e privato) aumenta e, per ciò che si può avvertire, non ci sarà tregua alcuna. In ogni caso, il capitalismo runfla è inseparabile da una generalizzazione di micro-guerriglie urbane, micro-politiche della vita.

 

Capitalismo runfla 1

Su saccheggi e territori

(http://anarquiacoronada.blogspot.it/2013/01/serie-ano-nuevo-capitalismo-runfla-1.html)

Fine dell’anno: siamo volgari e facciamo bilanci. Il 2012 è stato decisamente piccante: Once[1]; Ciccone[2]; la legge sui media; gli ultras; YPF[3]; aspettare l’autobus per molto tempo; Clarín e Lanata[4]; il ritorno del River in serie A; negozi pieni di gente; Unidos y Organizados[5]; 13S; 8N; 7D; 20N[6]; territori narcos; tredicesime non pagate; mercenari di entrambe le fazioni; benefici giudiziari a Clarín[7]; 9D[8] e, infine, saccheggi.

In questa breve enumerazione distinguiamo due piani. Quello delle finzioni create dalla macropolitica, dove i mercanti – politici, formatori di opinione e altri – svolgono il loro vecchio lavoro di stimolare il conflitto tra le opinioni, mentre tutti noi assistiamo eccitati e continuiamo a partecipare; come illuminati politologi e militanti di differenti ranghi, ci mischiamo ai nostri amici e parenti per contenderci le briciole di una verità che si regge sul risentimento e la passione: questo piano è il più divertente; il meno fertile.

L’altro piano è più vero; in esso è in gioco il reale della vita: lì uccidono e moriamo. Lì c’è il nervo delle nostre felicità e dei nostri sconforti. È lo spazio e il tempo in cui pulsa e vibra la vera esistenza, quella che erompe da tutte le parti, nelle stazioni, nelle strade o dove può. Vita che non è né migliore, né peggiore, ma vera; battersi corpo a corpo, nella lotta per l’amministrazione dell’abbondanza: i soldi che sorgono nella periferia, dove ce ne sono molti. Vita: violenta contesa, che è la base di ogni amministrazione e distribuzione della ricchezza.

In altri momenti, quando si amministrava la miseria, distinte forme organizzative emergevano come funghi. Alcune tradizionali, altre più originali. Conveniamo: gestire la miseria è più facile; il confronto diventa ideologia e maggiore è la solidarietà. Con la divisione del campo politico tra ordine e rivolta, ciascuno fa il suo gioco con più disinvoltura. Molti vi hanno perso la vita, nei decenni passati, e non voglio certo negare o relativizzare la violenza assassina contro cui si sono battute molte organizzazione sociali. Dico però che fare organizzazione sociale nella miseria è possibile; nell’abbondanza è impossibile.

L’abbondanza richiede azioni e strumenti che un’organizzazione sociale non è disposta a usare. L’amministrazione dell’abbondanza nella periferia è portata avanti da complesse strutture che negli anni hanno appreso cosa fare e cosa no, per spingere i loro affari. Non hanno alcun problema a uccidere, devastare, negoziare o a iscriversi alla Afip[9].

Se per fare stato in epoche di miseria devi fare organizzazione sociale, per fare organizzazione sociale nell’abbondanza devi fare stato. L’equazione tuttavia non è così semplice. Quando ci sono di mezzo gli affari, lo stato diventa mafia, allo stesso ritmo con cui la mafia diventa stato. L’organizzazione sociale agisce nel contesto di questa solida equazione.

Le mafie amministrano la vita abbondante, vita runfla dalle tasche piene, di elettrodomestici e baracche; di lavoratori e ladri; di codici nuovi e grilletti facili. Vita runfla, gioiosa e consumatrice, dove i diritti sono regolati dalla capacità di comprare e aprire il fuoco.

La politica, l’amore, la solidarietà si intrecciano alla stazione di taxi all’angolo della via, all’operaio che torna dalla fabbrica, il chiosco di salsicce al lato della superstrada e il trafficante di base che rovina molti pibes, e per questo sono riusciti a farlo scappare. Musica ad alto volume senza timore alcuno, feste delle vergini morene che finiscono sempre male; mattoni su mattoni a edificare fortezze; antenna di DirectTV, migliaia di motociclette; nove millimetri per difendere la sorella, e Volkswagen Bora2011.

Che organizzazione sociale può impiantarsi su questo universo? Tanto peggio, meglio; tanto meglio, peggio… Tanto più abbondante, più vitale.

Le organizzazioni sociali non esistono più. La ragione è semplice: è impossibile, in questo contesto, fare società in modo autonomo. O c’è qualcuno che crede seriamente che una vita runfla vota Cristina per il lavoro di quartiere dei compagni? O qualcuno che crede che un pibe acquista “coscienza di sé” perché due tizi gli parlano di educazione popolare? O peggio ancora: qualcuno crede che il volontarismo organizzativo possa troncare un destino runfla?

Una vita runfla può essere parte di un’organizzazione quando è una delle tante possibilità di generare risorse.

Gli affari si espandono ovunque: tutti runfla. Differenze nel “micro”: Once è una tragedia “macro” runfla che ci ha colpiti nel nostro modo di vita (runfla). Aspettare un autobus 40 minuti nel Conurbano è conseguenza del capitalismo runfla che ci espone a qualsiasi cosa; la tratta di persone è un affare che coinvolge a migliaia, ma che è amministrato e diretto da vite runflas.

Si, dico “amministrato e diretto”. Non c’è vita runfla senza finanze runfla: droga, occupazione di terreni, conflitti familiari; servizio di taxi dalla stazione[10]; viaggiare stracolmi fino alla morte; feste esuberanti; aria condizionata freddo-caldo; mille immagini di vita runfla.

 

Capitalismo runfla 4

Vita runfla contro l’aggiustamento

(http://anarquiacoronada.blogspot.it/2013/01/serie-ano-nuevo-capitalismo-runfla-4.html)

1.- A contrastare l’aggiustamento nei territori è la vita runfla. Certamente a modo suo. Nessuna organizzazione politica o sociale ha la base, la credibilità, né la capacità di contrastarlo.

2.- Le organizzazioni sociali e politiche non contrastano l’aggiustamento. Fanno gli affari propri. L’aggiustamento si contrasta con la vita runfla. É così e basta. Si contrasta solo perché la vita runfla catalizza qualcosa.

3.- La vita runfla è la forma di vita post-2001 nei territori dell’abbondanza. È il risultato del modo in cui è stata amministrata una grande quantità di denaro che ha cominciato a girare: grandi affari.

4.- Chi ha ucciso e neutralizzato le organizzazioni sociali? La verità è facile da intendere: Contrastare un aggiustamento neoliberale è più facile che contrastare le organizzazioni runflas nei territori. Quale organizzazione sociale può contendersi oggi l’abbondanza? Chi da vita alle organizzazioni sociali? Chi dà volontà e capacità di lotta alle organizzazioni: i soggetti o i cicli economici?

5.- Insisto, le organizzazioni sociali non esistono più. Sussistono, certamente, forme organizzative di cui alcuni si dotano.

6.- I saccheggi sono una manifestazione particolarmente visibile della vita runfla. Perché rendono inquieta la politica mediatica. Molto più delle morti e dei furti quotidiani. Possono essere un nuovo conflitto sociale o semplicemente forme di vita che sono così. Sono transnazionali, consumo e acquisizione di ciò che passa tra le mani.

7.- Il nuovo conflitto sociale è la vita runfla nella sua articolazione con gli affari globali (tratta, miniera o droga, è lo stesso).

8.- Non è questa l’autentica equazione dell’amministrazione?

 

Capitalismo Runfla 6

Cittadinanza popolare

(http://anarquiacoronada.blogspot.it/2013/01/serie-ano-nuevo-capitalismo-runfla-6.html)

La cittadinanza popolare è la forma di lotta che le vite infami adottano di fronte alla festosa crudeltà del capitalismo runfla. È più efficace di altre forme storiche di “protesta” perché non aspira a contrapporre valori alternativi e superiori. La sua formula elementare è la sommatoria di tre componenti, senza mediazione alcuna: territorio (letteralmente, di qualsiasi territorio); stato (se ne esige la protezione e gli si rinfacciano le complicità); e i media (con i quali si stabiliscono forti alleanze, indispensabili per attraversare la soglia della percezione – essere visibile, ascoltabile – per diventare irrefrenabile).

Quando non ci sono soggetti, ci sono cittadini. Attivisti immediati del diritto in una città straripante, quando l’idea moderna di inclusione già non agisce. Una genealogia elementare della cittadinanza popolare sul suolo runfla si potrebbe fissare sui seguenti nodi: Abuelas de Plaza de Mayo; Cutral Có[11]; Blumberg[12]; Arruga[13]; Cromañón[14]; i narcotrafficanti; Verón-Trimarco[15]; ambientalisti di Famatina[16]; Once[17].

Runflas e cittadini popolari condividono qualcosa: l’infamia. Né sostenitori del governo, né oppositori, né critici, né dissidenti. Soggetti di consumo. Solo che dove il runfla gioisce, il cittadino popolare fa fronte a un dolore insopportabile, che lo proietta nell’intersezione truculenta di vittimismo e eroismo, la lingua propria della commozione pubblica per dire che le autorità trascurano il contenuto etico elementare dello stato: la preservazione della vita e il senso di dignità che è possibile solo con quella sicurezza. È il linguaggio delle madri che perdono i loro ragazzi; dei famigliari, degli afflitti, dei sopravvissuti e di una lunga serie di voci testimoniali che si istituiscono tra il linguaggio giuridico, giornalistico, religioso e mediatico piegando le resistenze del politico.

Così la cittadinanza popolare si contende il senso comune partendo dalle sue stesse basi, assumendo come punto di partenza una manciata di verità democratiche che nessuno può contraddire a voce alta.

La cittadinanza popolare funziona come una tenebrosa messaggera dell’orrore che domina in un trasmondo nel quale ciascuno può cadere. Doppiezza narco dei territori, rovescio mafioso delle istituzioni. Il doppio perverso si coniuga in ogni operazione finanziaria, in ogni forza di sicurezza, ogni sindacato, ogni figura familiare, sacerdoti, ministeri pubblici.

Il capitalismo runfla non è marginale, residuale, né eccezionale. È il rovescio attivo del capitalismo “en serio”[18]. I suoi fili si tessono nella stessa trama repubblicana a cui fanno appello i moralisti. Le sue forze si dispiegano a partire dalle stesse istituzioni che – si suppone – dovrebbero regolarle secondo regole differenti.

La cittadinanza popolare sorge da questo sapere e si appresta a denunciarlo. È ciò che è accaduto, per esempio, quando la popolazione ha fatto irruzione per frenare l’accordo tra il Frente para la victoria e il Pro, destinato a intensificare la speculazione immobiliare nella città di Buenos Aires[19]. L’amplificazione mediatica è imprescindibile. Combina giustizia, diritti e affari secondo una logica iscritta nei fatti. I media non sono peggiori né migliori degli altri dispositivi del capitalismo runfla.

La cittadinanza popolare mostra il costato a un flagello antropologico con cui non sappiamo come fare i conti. La modernità non ha compiuto la sua promessa di liberare la vita dalla minaccia. Non è riuscita a imporre la sua utopia di superare definitivamente il “male”. Non disponiamo – come altre culture – di saperi che ci permettano di convivere con le miserie, le tormente e le piaghe. Il capitalismo runfla è il ritorno gioioso di tutto quel male che abbiamo creduto di aver superato o represso. La sua etica vitalistica consiste nel goderne fino alla fine. La cittadinanza popolare reagisce come può davanti agli effetti mortiferi di quel godimento e, sulla base di un dolore biblico, commuove la gente di tutti gli strati e le classi sociali.

Il capitalismo runflaè il superamento gioioso e crudele dei rimedi e delle promesse della modernità. Cresce dappertutto. Dove c’è miseria e soprattutto dove c’è abbondanza. Dove ci sono istituzioni repubblicane e dove non ci sono. Dove c’è una retorica progressista e dove si parla ancora la lingua naturale del neoliberalismo. La cittadinanza popolare è post-moderna (non è “critica”), però è soprattutto post-postmoderna (non si pavoneggia del suo non essere più “critica”).



[1] Il 22 febbraio 2012 un treno giunto a destinazione nella stazione di Once non riesce a frenare la corsa. Nella “tragedia di Once” muoiono 51 persone e ne restano ferite più di 700.

[2] Il caso Ciccone è un intricato procedimento giudiziario, che ha a lungo riempito le pagine dei quotidiani nell’anno scorso e in cui è coinvolto l’ex ministro dell’economia e attuale vicepresidente de “La Nación” Amado Boudou. Il caso riguarda il fallimento e la vendita della Compañía de Valores Sudamericana (ex Ciccone Calcográfica), la relazione con la AFIP (Administración Federal de Ingresos Publicos) che avrebbe consentito la vendita dell’impresa condonando interessi e multe e l’apparizione misteriosa di un fondo che avrebbe salvato l’impresa,The Old Fund, il cui titolare è Vandenbroele (in rapporti non chiari con Boudou) e di cui non si conoscono gli azionisti. L’accusa principale è di riciclaggio.

[3] La YPF (Yacimientos Petrolíferos Fiscales) è una delle più grandi imprese argentine, dedicata allo sfruttamento, la distribuzione e la vendita del petrolio e dei suoi derivati. Privatizzata nel 1992 dall’allora presidente Carlos Menem e venduta nel 1999 alla spagnola Repsol, nel 2012 è stata posta sotto il controllo dello stato attraverso l’espropriazione del 51% delle azioni per volontà della presidente Cristina Fernández de Kirchner.

[4] Fondatore di “Página 12” e nemico storico di “Clarín”, il noto giornalista passa recentemente a dirigere, nell’ora di punta, una trasmissione televisiva in Canal 13 (di proprietà del gruppo Clarín),  a curare una rubrica settimanale presso lo stesso quotidiano precedentemente avversato, oltre che a lavorare presso la sua radio (Mitre). Alla fine dell’anno scorso diventa la principale figura mediatica contro il governo.

[5] Unidos y Organizados è un ampio fronte politico a sostegno di Cristina Fernández de Kirchner inaugurato nell’aprile 2012 e che comprende al suo interno i movimenti e le organizzazioni kirchneriste, la Cámpora e il Movimento Evita tra i principali.

[6] 13S: cacerolazo contro le politiche del governo. Si veda: https://uninomade.org/cacerolas-bastardas/; 8N: secondo cacerolazo; 7D: entrata in vigore della legge antimonopoli sui media; 20N: sciopero generale convocato da alcune componenti della CGT e della CTA. Si veda:  https://uninomade.org/novembre-caldo-in-argentina/.

[7] Nell’ambito del conflitto con il governo sui media, il gruppo Clarín vince un ricorso ottenendo dalla giustizia delle successive proroghe contro la legge antimonopolistica che lo avrebbe costretto a disinvestire e a ridurre considerevolmente i profitti del gruppo.

[8] Grande festa popolare in Plaza de Mayo convocata dalla presidente Cristina Fernández de Kirchner per celebrare la giornata della democrazia e dei diritti umani.

[9] Administración Federal de Ingresos Públicos. Riciclare il denaro sporco pagando regolarmente le tasse.

[10] Una sorta di taxi autogestiti, con auto private e a basso costo, dalle stazioni ai quartieri della periferia.

[11] Località della Patagonia dove, con le privatizzazioni del governo di Menem, si è costituito a metà degli anni Novanta uno dei primi e tra i più significativi movimenti piqueteros.

[12] Axel Blumberg è stato sequestrato il 16 marzo 2004 da una banda di sedici persone e ucciso cinque giorni dopo il sequestro. Un mese dopo è approvata, su spinta dell’ex imprenditore padre della vittima e sulla scorta di una grande mobilitazione, la legge Blumberg che inasprisce le pene per i colpevoli di sequestro di persone. Una legge fortemente repressiva e duramente contestata persino dai giudici, che nel 2006, ne hanno dichiarato la parziale incostituzionalità.

[13] Luciano Nahuel Arruga è scomparso all’età di 16 anni, dopo essere stato sequestrato dalla polizia della provincia di Buenos Aires a Lomas del Mirador (provincia di Buenos Aires). A tutt’oggi non è stato riconosciuto nessun colpevole, né sono stati rimossi dal servizio gli otto agenti sospettati di averlo sequestrato, torturato e fatto sparire. Arruga è riconosciuto oggi come uno dei “simboli” delle sparizioni forzate in tempi di democrazia dalle organizzazioni internazionali di diritti umani. Continua la mobilitazione per la verità e giustizia sulla sua scomparsa.

[14] Il 30 dicembre 2004 divampa un incendio nella discoteca República de Cromañón di Buenos Aires, provocando una delle più grandi tragedie che l’Argentina ricordi: 194 morti e 1432 feriti. A 8 anni di distanza, mentre continuano le manifestazioni e i ricordi degli amici e famigliari delle vittime, il processo è terminato con pesanti condanne, tra le altre, a 10 anni di reclusione per l’ex gestore della discoteca e 7 anni per il cantante del gruppo che si esibiva quella tragica sera.

[15] Il 12 dicembre 2012 il tribunale di Tucumán ha assolto i 13 imputati nel processo per la sparizione e la messa in schiavitù ai fini di prostituzione di Marita Verón. A dieci anni dalla sparizione di Marita, grazie all’infaticabile lotta di sua madre Susana Trimarco, si è in gran parte ricostruita la trama di aguzzini e complici coinvolti nella sparizione e tuttavia l’esito del processo ha mostrato la connivenza di pezzi di potere giudiziario, oltre che politico e poliziesco. Alla sentenza sono seguite grandi manifestazioni in molte città argentine. Per un approfondimento: http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/6371-l%E2%80%99argentina-lotta-per-raccontare-la-storia-di-marita-ver%C3%B3n?.

[16] Dall’inizio del 2012 la costruzione di una miniera per l’estrazione di oro a cielo aperto ha portato a un grande conflitto con le popolazioni di Chilecito y Famatina (provincia di La Rioja), organizzate in assemblee permanenti contro la devastazione ambientale e delle già carenti fonti d’acqua presenti nella regione.

[17] Vedi nota 1.

[18] Riferimento all’intervento di Cristina Fernández de Kirchner al vertice del G-20 a Cannes (3 novembre 2011).

[19] Il 2 novembre 2012, con l’accordo tra il Frente para la Victoria (aggruppamento kirchnerista) e il Pro (partito diretto da Mauricio Macri e al governo nella capitale federale)  l’assemblea legislativa della città di Buenos Aires ha votato un pacchetto di 11 leggi che prevede la svendita di vari terreni pubblici a privati, favorendo così l’incremento della speculazione immobiliare nella città.

* Traduzione di Maura Brighenti. Pubblicato su http://anarquiacoronada.blogspot.it/2013/04/el-consumo-libera.html


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