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Il movimento Occupy e i sogni differiti del movimento afro-americano

 

di ROBIN D.G. KELLEY*

“Perché non ci sono molti neri nel movimento Occupy?”. Questa domanda è diventata un tema discusso in blog, editoriali, dibattiti radiofonici, forum pubblici e nelle chiacchiere di ogni giorno. Naturalmente, chiunque abbia contatti diretti con Occupy Wall Street o Occupy Oakland sa perfettamente che molte persone di colore (non solo senzatetto) sono stati presenti fin dall’inizio nel movimento. Ma la questione merita di essere presa in considerazione, alla luce dell’impatto sproporzionato che la crisi economica ha avuto sulle comunità di colore. Quattro decadi di politiche neoliberiste e una storia di razzismo strutturale hanno posizionato gli afro-americani e i latinos sul gradino più basso del 99%. Nel 2009, per ogni dollaro di ricchezza netta posseduto dai bianchi, gli afro-americani possiedono 10 centesimi e i latinos 12 centesimi. E un recente studio ha mostrato che l’85% dei proprietari di case più colpiti dalle procedure esecutive sono neri e latinos.

Sebbene la questione della razza non sia al centro della “Declaration of the Occupation of New York City” di Occupy Wall Street, molti dei problemi descritti nella “Declaration” colpiscono direttamente le comunità di colore, incluso l’attacco alle organizzazioni sindacali, l’esternalizzazione, le procedure esecutive sulle abitazioni, la sicurezza alimentare, la guerra, l’ambiente, l’assistenza sanitaria, la crescita esponenziale dei costi per l’istruzione e il debito studentesco e l’espansione dell’industria carceraria – tutte manifestazioni del neoliberismo. Queste rivendicazioni non sono nuove per gli afro-americani. Anzi, i lavoratori neri sono stati tra le prime vittime delle politiche neoliberiste. A partire dagli anni Settanta e dalla presidenza di Ronald Reagan, gli Stati Uniti hanno abbracciato una politica di riduzione fiscale, deregolamentazione, attacchi ai sindacati, tagli radicali al sostegno federale alle municipalità, all’istruzione pubblica, all’assistenza  sanitaria e al welfare, mentre sono cresciute le spese militari, la costruzione delle prigioni e i sussidi alle imprese. Aiutate da incentivi governativi, le imprese manufatturiere hanno abbandonato i centri urbani verso le periferie suburbane, per poi abbandonare il paese. La classe operaia nera ha visto sparire posizioni sindacalizzate frutto di dure lotte, sostituite da lavori nel settore dei servizi malpagati o dalla disoccupazione. Alla fine del secondo mandato di Reagan, più di un terzo delle famiglie nere viveva sotto il livello di povertà.

 

Le prime vittime del neoliberismo sono state anche i suoi più tenaci oppositori. Per fare un solo esempio, prima di Zuccotti Park e delle battaglie in Wisconsin,  la New Orleans post-Katrina è stata un terreno di battaglia fondamentale contro la privatizzazione delle scuole, degli ospedali, del trasporto pubblico, dell’edilizia pubblica popolare e lo smantellamento del sindacato del settore pubblico – per non dire del trasferimento sfrenato di finanziamenti federali alle imprese attraverso incarichi diretti senza gara d’appalto. Attivisti neri alla testa di coalizioni multirazziali hanno lottato attraverso organizzazioni come Common Ground Collective, People’s Hurricane Relief Fund e Community Labor United (CLU). Anticipando il movimento Occupy, la dichiarazione di principi di CLU si poneva come obiettivo “la costruzione di una società dove gli interessi delle imprese e dei ricchi non sono fatti pesare sulla schiena dei lavoratori e dei poveri”. Si possono trovare anche precedenti più antichi; basti ricordare il ruolo di pioniere che lo SNCC ha avuto nella diffusione dell’azione diretta non-violenta, la democrazia fondata sul consenso e l’ “orizzontalismo” prima ancora che esso venisse nominato come tale.

 

Perché dunque non abbiamo visto una più ampia partecipazione dei neri nel movimento Occupy ? Le spiegazioni sono molteplici. Per molti afro-americani, la prospettiva dell’arresto spesso comporta conseguenze atroci a causa del carattere razzializzato del sistema della giustizia criminale. E poi vi è il generale sospetto che un movimento prevalentemente bianco non adotti pienamente un agenda antirazzista. Ma sospetto che una rigida, spesso acritica fedeltà al nostro primo presidente nero possa essere un fattore, visto che il movimento Occupy è critico verso la Casa Bianca. Secondo, vi è una persistente credenza all’interno del discorso popolare afro-americano che l’1% nero debbano essere i nostri alleati, modelli e speranze per il futuro. Molti di noi considerano miliardari neri – i P-Diddy, i Jay-Z e gli Ofrah del mondo – come incarnazioni della “nostra” ricchezza. O continuiamo a credere al sogno che con il giusto contratto discografico o scout o sostegno noi possiamo diventare il prossimo ultramiliardario nero. La nostra fedeltà razziale e le nostre aspirazioni materiali offuscato la nostra abilità di vedere le dimensioni strutturali di classe e della disuguaglianza nella ricchezza ? Si spiega così perché la campagna contro la povertà lanciata da Cornel West e Tavis Smiley non ha avuto grande successo tra gli afro-americani ?

 

Il vero problema, in altri termini, potrebbe non essere l’assenza di una presenza nera nel movimento Occupy, bensì l’assenza della centralità di una critica antirazzista nella critica delle imprese portata avanti da Occupy e l’assenza di una profonda critica di classe nell’agenda antirazzista del movimento nero.

 

*da Bunche Center News”, dec. 2011/jan. 2012

Traduzione dall’inglese di Raffaele Laudani

 

Dello stesso autore sugli stessi temi si veda anche Neoliberalism’s Challenge, in http://www.bostonreview.net/BR37.1/ndf_robin_kelley_black_politics.php

 

 

 

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