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L’ordine esistente delle cose e processi costituenti

 

di VALERIO GUIZZARDI

L’aspetto più inquietante, e inedito, se così sono andate le cose, del lancio di lacrimogeni a strappo dalle finestre del Ministero di Giustizia è il cambiamento eversivo sul piano giuridico che esso ha prodotto. Un nucleo di poliziotti sarebbe penetrato nell’edificio, occupato il secondo piano e lanciato ordigni sulla folla sottostante. Un’operazione militare di occupazione, seppure temporanea, di un’importante Istituzione, un blitz vero e proprio. Resta da vedere se il nucleo avesse agito in autonomia, fuori dal controllo gerarchico, oppure preordinato da livelli superiori. In ogni caso, tecnicamente, un mini-golpe.
Nemmeno nei passaggi più bui dei Settanta si è visto qualcosa del genere. Anche se di precedenti, però sulla piazza, ce ne sono stati: la carica dei Carabinieri contro il corteo del Carlini al G8 di Genova fu compiuta da un reparto che si era autonomizzato dopo aver chiuso i contatti radio. La stessa Questura genovese, e ne fanno testo le registrazioni presentate ai processi, si chiedeva dove fosse finito quel reparto di Carabinieri poiché non era più rintracciabile dato il silenzio radio degli ufficiali. Inoltre ormai da molto tempo in tutto il Paese accade spesso che cariche devastanti partono senza ordine, che i responsabili di piazza non riescano più a fermarle e che questi ultimi vengono manganellati insieme ai manifestanti se tentano di farlo. Per altro tutto ciò avviene in un quadro già di per sé sufficientemente compromesso e degradato se pensiamo che ormai da anni nei concorsi per le assunzioni in Polizia viene privilegiato nei punteggi chi proviene dalla ferma militare, ex soldati che hanno operato spesso in missioni di guerra agli ordini della Nato. Killer seriali professionisti che una volta sulla piazza scambiano il semplice manifestante pacifico per il nemico di turno da abbattere pensando di essere ancora in un teatro di guerra. Ma non è tutto. Se, sempre nei Settanta, in seguito ai grandi cambiamenti politici e culturali in atto abbiamo visto il timido emergere, negli apparati delle forze dell’ordine, di pur piccoli ma importanti nuclei di poliziotti che richiedevano una democratizzazione e demilitarizzazione del Corpo, ora vediamo le varie sigle di sindacati che ne sono derivate: lugubri corporazioni proto fasciste che si lamentano per i tagli dello Stato, ma solo perché la scarsità di mezzi e risorse non permette loro di massacrare come si deve chi partecipa in massa alle turbolenze sociali. Inoltre è fatto risaputo che un’organizzazione fascista “repubblichina” come Forza nuova raccoglie tra gli appartenenti alle forze dell’ordine (e anche nei corpi speciali dell’esercito) vasti consensi. In altre parole, complessivamente, si è vista una forte ideologizzazione delle truppe in senso apertamente fascista. Se ieri ti torturavano o uccidevano in cambio di quattro soldi per sopravvivere e per ignoranza, oggi lo fanno perché si sentono appartenenti a un ordine guerriero di una razza superiore, dominante. Oggi ti massacrano perché sei “uno sporco comunista”, una “zecca”. E questo cambia tutto, ribalta il piano giuridico generale.

Siamo certamente di fronte a qualcosa di estremamente pericoloso che può portare a esiti futuri imprevedibili. É chiaro che se nuclei o interi reparti di forze dell’ordine di aperti sentimenti fascistoidi tendono a operare fuori dal controllo gerarchico pronti a commettere qualsiasi genere di reato confidando sulla più completa impunità, se non addirittura sul plauso e la complicità dei colleghi, nell’assenza della Magistratura, e nel ridicolo balbettio del Ministro dell’Interno, allora bisogna interrogarsi sulla ridefinizione delle modalità e degli strumenti dello stare in piazza, del presidio sociale e della difesa dei territori, del conseguimento degli obiettivi politici da parte di chi scende in piazza in modo più o meno organizzato. Di sicuro non possiamo farci più massacrare gratuitamente come è stato nelle metropoli italiane interessate dallo sciopero europeo del 14 novembre. Non basta la pur necessaria indignazione nel vedere un ragazzino di quindici anni al suo primo corteo preso a bastonate sulla faccia. Siamo per un nuovo stile della militanza? Bene, ma teniamo presente che non è “un pranzo di gala”.

 

 

 

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