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Intervista a STELIOS (Assemblea di Psyrri, Atene) – di GIGI ROGGERO

Per inquadrare l’organizzazione e la diffusione delle assemblee locali e di quartiere, è necessario cominciare da quello che è successo in Grecia negli ultimi anni e dall’accelerazione degli ultimi mesi e settimane.

Da due anni a questa parte, come si sa nel resto dell’Europa perché la Grecia è ormai ovunque in cima alle notizie, si sta vivendo una situazione come quella argentina. Non siamo arrivati al default, ma stiamo vivendo una morte lenta, è un diverso approccio alla soluzione della crisi. La crisi si vede soprattutto nei grandi centri urbani, come Atene o Salonicco, mentre il resto del paese (che ancora ha una produzione agricola che consente alla gente di sopravvivere) non risente molto della crisi. Qui nel quartiere di Psyrri e nel centro di Atene si vede gente che dorme per strada, negozi chiusi, edifici bruciati dalle rivolte popolari.

 

Hai individuato quello che è avvenuto in Argentina una dozzina di anni fa come il termine di paragone della situazione greca. Anche il declassamento e il veloce impoverimento del ceto medio è, pur con differenze temporali e di intensità, un dato comune dentro la crisi economica globale…

In questo momento si sta parlando di bulgarizzazione della Grecia: si vuole creare un’area nel sud dell’Europa in cui il lavoro sia a bassissimo costo, cercano quindi di aumentare la competitività abbassando i salari. Altri definiscono questo processo come una trasformazione sul modello del sud-est asiatico: la Grecia sta quindi diventando la Taiwan dell’Europa. C’è molta rabbia della gente, perché il sistema politico si finanzia a scapito delle ultime risorse economiche che il ceto medio ancora possiede, può essere qualche risparmio in banca o una casa da affittare di cui tentano di appropriarsi.

 

Nelle mobilitazioni degli ultimi due anni e mezzo c’è stato un cambiamento della composizione sociale che vi ha preso parte e delle pratiche di lotta?

C’è indubbiamente una radicalizzazione. C’è una radicalizzazione anche dell’estrema destra, di matrice neo-nazista, che probabilmente nelle prossime elezioni avrà qualche seggio in parlamento. Dall’altra parte della sinistra, che però è divisa e frammentata, non riesce a trovare un’opposizione forte al neoliberalismo, che del resto è sostenuto dalla stessa estrema destra.

 

Al contempo, sembra emergere un radicale e forse irreversibile scollamento tra la composizione sociale e la rappresentanza politica…

Sì, è così. La conferma di ciò verrà dalle prossime elezioni, con l’astensione e le modalità di partecipazione al voto. É l’intero sistema politico a essere in crisi. Lo si è visto anche nelle recenti votazioni interne al Pasok, il partito socialista greco. Nelle votazioni per il presidente del partito, Papandreou, tre o quattro anni fa avevano partecipato 700.000 persone, mentre ora hanno partecipato solo 240.000 persone. Quindi, c’è un forte calo, questi voti andranno da un’altra parte o nell’astensione. Queste elezioni sono una grande incognita, stanno spostando continuamente le date: prima avevano parlato del 29 aprile, poi del 6 maggio, ora del 13 maggio. Stanno cercando di cogliere la popolazione nel momento a loro più favorevole, magari dopo le vacanze di pasqua che qui sono abbastanza lunghe (le scuole chiudono due settimane), per tentare di attenuare la rabbia che si è accumulata.

 

Dopo due anni e mezzo di un livello molto alto di conflitto sociale, di scioperi generali, di mobilitazione permanente, si riscontra la difficoltà a incidere su quello che sta avvenendo. Tuttavia, se guardiamo al di sotto di questa evidenza, possiamo osservare processi di grande importanza, di cui le assemblee locali e di quartiere sono uno dei migliori esempi, forse proprio delle forme di istituzioni sociali che si stanno creando.

Sì, è vero, la gente sta cercando di autorganizzarsi, di ritrovarsi perché negli ultimi anni l’individualismo sfrenato, in Grecia come nel resto d’Europa, aveva cancellato la possibilità di socializzazione e dell’aiutarsi reciprocamente, di trovare delle forme alternative di sostegno, quindi di un’organizzazione differente, cercando di lasciare il sistema al di fuori delle proprie vite. Nella pratica, ci sono forme di autogestione di locali e strutture di produzione alternative che stanno emergendo in tutta la Grecia, di produzione agricola, comunità che distribuiscono i prodotti. Questa è forse l’unica soluzione, perché rimanendo inglobati nel sistema si finisce per essere intrappolati in una barca che sta affondando.

 

Ad Atene come funzionano concretamente le assemblee locali, che ormai sono alcune centinaia?

La assemblee sono aperte a tutti coloro che vogliono partecipare, si usano abbastanza frequentemente il web e le mailing-list, ogni assemblea ha il proprio blog o sito. Le assemblee si ritrovano con cadenza settimanale, ci si distribuisce i compiti. É una forma di partecipazione attiva per tutti, di sostegno reciproco.

 

Esistono poi alcune esperienze di riappropriazione e autogestione dei luoghi della produzione, dagli ospedali alle fabbriche.

Sì, ne esistono. A Kozani, ad esempio, c’è una fabbrica in cui gli operai producono autonomamente, in autogestione. Nel luogo in cui stiamo facendo l’intervista e che ospiterà il meeting transnazionale “Syntagma calling”, il teatro Empros a Psyrri, c’è un esperimento di autogestione della produzione culturale. É un luogo dismesso da vari anni, occupato da un gruppo teatrale e dagli abitanti del quartiere di Psyrri, ed è diventato il fulcro di diverse iniziative culturali, di dibattiti sulla crisi e sul che fare. Si sta tentando di tenere sempre aperta l’iniziativa di discussione e di produzione culturale.

 

Qual è, per il luogo che hai appena descritto, l’importanza di un meeting che si propone di costruire rete tra le lotte sul piano europeo e transnazionale?

Un incontro di questo tipo è molto importante, per scambiare esperienze e discussione. Quello che stiamo vivendo in Grecia è un esperimento che verrà ripetuto in vari paesi, si sperimenterà in Irlanda, in Portogallo, in Italia, e arriverà anche nel nord Europa (l’Olanda ad esempio in questo momento è alle prese con il suo deficit). Una soluzione possibile è quella di aggregare i movimenti, solo così si può organizzare una resistenza forte e creare un’alternativa.

 

Quali prospettive vedi per il movimento in Grecia?

Ora c’è l’incognita delle elezioni, ma credo che questo seme che si è gettato non andrà disperso. La cosa positiva della crisi è che ha raccolto le persone, le ha fatte uscire dal loro guscio, ora è difficile che ci ritornino. Adesso tutto quello che sta succedendo può organizzarsi in una prospettiva differente. Certamente la sopravvivenza è difficile, però la solidarietà che si sta creando in tutti i campi è un elemento di grande importanza.