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Tra indignazione ed elezioni : il caso di Parma

 

intervista a ROBERTA ROBERTI – di GIROLAMO DE MICHELE

All’interno dei movimenti che si sono sviluppati in risposta alla crisi globale e alle sue manifestazioni locali, Parma è a suo modo esemplare. In questa città, a partire dal giugno 2011, si è sviluppato uno dei pochi reali movimenti di “indignati” che, aggregando una serie di piccoli movimenti che avevano negli anni passati reagito e resistito alla gestione Ubaldi-Vignali della “città cantiere” sui temi dell’ambiente, della vivibilità e dei beni comuni. Il movimento degli indignati ha avuto un ruolo determinante nella creazione del clima sociale che ha portato alla caduta della giunta Vignali, travolta dagli scandali e dagli arresti dei suoi esponenti, ma soprattutto screditata davanti all’opinione pubblica. L’esemplarità del percorso seguito dal movimento parmense si è precisata con la stesura di un manifesto (http://www.parmabenecomune.it/manifesto) che metteva in primo piano i temi del rifiuto del debito, della tutela dei beni comuni e dei diritti, dello smantellamento delle politiche e degli apparati securitari, della memoria storica della Parma antifascista.

Altrettanto esemplare, in senso negativo, è stata la tornata elettorale dello scorso maggio, dove il Movimento 5 Stelle ha captato l’ondata di indignazione, ma anche l’elettorato di centro-destra, conquistando il Comune, mentre la Lista Parma Bene Comune rimaneva al di fuori del consiglio comunale, pur con un consenso del 5%. Per approfondire questi elementi abbiamo intervistato Roberta Roberti, candidata sindaco della Lista PBC, militante del movimento per i beni comuni e per la difesa della scuola, nella convinzione che dinamiche come quelle appena descritte vadano approfondite e comprese.

Racconta la nascita del movimento degli indignati di Parma: qual è la composizione di questo movimento? Com’era strutturato il blocco di potere che sosteneva il sindaco Vignali?

Se dovessi fare un resoconto fedele della genesi degli indignati a Parma dovrei raccontare di tutti i comitati, i gruppi, le associazioni e i movimenti che si sono impegnati da 15 anni almeno a questa parte sul nostro territorio in difesa dei diritti e dei beni comuni.

Dovendo tuttavia individuare quelle che sono state le tappe essenziali che hanno condotto alle mobilitazioni dell’estate 2011 sotto i portici del municipio indicherei  l’8 ottobre del 2010,durante le mobilitazioni dell’università e della scuola quando La scuola siamo noi, coordinamento di insegnanti e docenti di Parma e provincia, insieme agli studenti autonomi medi ed universitari e a due comitati di docenti precari ha dato vita al Coordinamento Istruzione Bene Comune, che nel suo documento costitutivo si poneva come obiettivo quello di creare collegamenti e collaborazioni con tutte le altre realtà del territorio impegnate nella difesa dei diritti e dei beni comuni.

Le mobilitazioni dell’autunno 2010 hanno offerto importanti occasioni di dibattito e di scambio, specie in seguito all’occupazione da parte degli studenti autonomi di un’aula dell’università di Parma, nella quale sono state organizzate diverse assemblee pubbliche finalizzate a creare una convergenza su alcuni temi trasversali, la cui urgenza risultava evidente a tutti: la questione della crisi internazionale ed il fallimento del modello sociale ed economico proposto dal neoliberismo, responsabile delle scelte gravissime operate dai diversi governi e volto essenzialmente alla mercificazione dei beni comuni e alla negazione dei diritti sanciti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali.

Questa esperienza è stata una palestra importantissima: per la prima volta molti movimenti, comitati, gruppi e singoli cittadini si sono trovati a discutere insieme, cercando di immaginare percorsi condivisi di azione e intervento che potessero tradursi non solo in analisi generali, ma anche in proposte alternative di governo del territorio.

Le due dimensioni, globale e locale, hanno sempre costituito lo scenario imprescindibile di cui tenere contemporaneamente conto. Del resto, gli eventi stessi ci imponevano questo duplice orizzonte di riferimento: da un lato la manifestazione e le lotte portate avanti dalla FIOM dal 28 gennaio in avanti, segno tangibile della gravità delle scelte in politica economica del governo nazionale e più in generale dei centri di potere a livello internazionale,  dall’altro a febbraio 2011 il precipitare della situazione parmigiana, con le dimissioni dei revisori dei conti del Comune e l’emergere del debito e della corruzione che da tempo venivano denunciati come segno di distinzione del comitato d’affari che aveva gestito il Comune negli ultimi 13 anni.

Il compito dei movimenti è stato in quella fase di fondamentale importanza sia sul piano della mobilitazione, sia sul piano dell’analisi. Le mobilitazioni su questioni di interesse e di respiro più generale (la manifestazione in difesa della Costituzione, la manifestazione delle donne “Se non ora quando?”, lo sciopero del 6 maggio) sono state affiancate da un lavoro incessante di informazione e mobilitazione sulle questioni locali (la denuncia del malaffare e della corruzione dell’amministrazione locale e del debito colossale delle società partecipate, la protesta in merito a scelte specifiche effettuate sul territorio per ragioni esclusivamente legate al profitto e al favoreggiamento clientelare di industriali amici, fra le quali ricordo quella del parcheggio sotterraneo di piazzale Salvo D’acquisto, nel pieno centro storico della città, che ha visto la partecipazione al fianco del Comitato Niente voragini di tanti altri soggetti dei movimenti e dell’associazionismo cittadino, ed infine le fiaccolate e le manifestazioni contro la costruzione del forno inceneritore col CGR o quelle in difesa della scuola e dell’università).

Alle mobilitazioni si sono affiancati nei mesi tra febbraio e giugno diversi incontri volti a consolidare il coordinamento dei movimenti e dei gruppi in difesa dei diritti e dei beni comuni.

I fatti gravissimi emersi in seguito all’indagine Green Money con la prima ondata di arresti del 24 giungo 2011 hanno da un lato accelerato il consolidarsi di questo percorso, dall’altro hanno impegnato tutte le energie nel conseguimento di un obiettivo preciso: ottenere le dimissioni della giunta Vignali, denunciando in modo chiaro ed evidente come essa non fosse tuttavia che la punta dell’iceberg.

Le analisi che ogni movimento aveva condotto nei mesi e negli anni precedenti sulle singole specifiche questioni hanno messo a disposizione della lotta un bagaglio di competenze davvero considerevole, che l’urgenza della situazione ci imponeva di mettere in comune per conseguire diversi obiettivi: ottenere le dimissioni della giunta, mobilitare la città in modo permanente, informare in modo circostanziato e puntuale la cittadinanza sulle responsabilità della classe politica e produttiva denunciandone le scelte scellerate, elaborare una proposta alternativa per la gestione del territorio ed il governo della città.

Ho parlato di scelte scellerate e di gravi responsabilità della classe politica e produttiva: mi riferisco all’amministrazione cittadina dei sindaci Ubaldi (1998-2007) e Vignali (2007-2011), che hanno instaurato a Parma un sistema fatto di megalomania, affarismo e clientele finalizzate a tutto tranne che al perseguimento del bene comune e degli interessi della collettività. In questo sistema si è passati alle esternalizzazioni di servizi essenziali, quali asili, scuole e servizi alla persona, tramite la costituzione di S.p.A. compartecipate dal comune e da alcuni soggetti privati ricorrenti, nello specifico due gigantesche cooperative (Domus e Proges), che si sono trasformate, grazie a questo processo di deroga  del pubblico, in vere e proprie multinazionali con migliaia di dipendenti. Il passaggio successivo è stato quello ad un sistema di società partecipate, costituite con lo scopo di aggirare il Patto di stabilità e saccheggiare il patrimonio comune, che invece di consentire un maggiore controllo delle diverse operazioni, ha di fatto portato ad eludere qualsiasi controllo. Alcune di queste società partecipate si sono occupate della gestione delle infrastrutture e delle grandi opere che a larga mano venivano programmate e assegnate, guarda caso, sempre ai soliti noti, vale a dire tre o quattro imprese edili strettamente legate all’amministrazione e ad alcuni politici di rilievo nazionale (ad esempio il ministro Lunardi). Il tutto fuori da ogni controllo, visto che le società partecipate sono soggetti ibridi fra pubblico e privato e sfuggono ad entrambe le normative di riferimento, a seconda del comodo. Va detto che alcuni istituti bancari erano evidentemente compiacenti e concedevano credito senza nemmeno una delibera di giunta o di consiglio, sulla base di lettere di patronage firmate da singoli componenti della giunta o del suo staff. Risultato: un debito enorme, frutto di una speculazione esasperata, ma anche di arroganza e di incapacità amministrativa. Un’ incapacità tale da non prevedere quello che sarebbe stato il reale sviluppo demografico e sociale della città, né tantomeno leggere l’arrivo della crisi economica internazionale.

La cementificazione, il consumo di suolo, l’acquisto di terreni a prezzi improponibili e fuori mercato, con il furbesco susseguirsi dei cambi di destinazione d’uso delle aree agricole e industriali in commerciali e residenziali: grazie a ciò, oggi Parma si trova accerchiata da centri commerciali vuoti (e ne sono stati già pianificati ed autorizzati altri 8) e con il piccolo commercio in crisi gravissima. Si è riempita di condomini, che contano a migliaia gli appartamenti vuoti, sfitti o invenduti. Fino al 2030 non sarà più necessario costruire case, dato il trend di crescita della città. Eppure ci sono famiglie sfrattate, la lista di attesa per alloggi popolari o a canone convenzionato sono lunghissime, si sono chiusi due dormitori, ci sono associazioni impegnate in questo settore che stanno promuovendo occupazioni. Persino l’edilizia convenzionata è stata scarsamente  perseguita dal comune di Parma, ed ha comunque prezzi fuori portata. Abbiamo grandi ed inutili opere interrotte a metà o poco più, alcune delle quali (la Stazione) assolutamente urgenti ed ovviamente niente denaro per finanziarne il completamento.

Nel corso delle 11 occasioni di mobilitazione cittadina che si sono susseguite da giugno a settembre, il lavoro di coordinamento dei movimenti e dei singoli è stato svolto, attraverso la convocazione di riunioni aperte de “La Piazza”, dai referenti dei movimenti attivi negli ultimi anni in città. L’obiettivo era quello di far sì che le manifestazioni sotto i Portici del Grano, ovvero sotto il Municipio di Parma, potessero diventare occasione di contestazione e di informazione; sono stati scelti temi specifici sui quali concentrare l’attenzione della piazza di volta in volta, e su questi sono stati presentati cartelli e predisposti volantini esplicativi. Le dimissioni della giunta sono state fin dall’inizio presentate come il primo degli obiettivi da perseguire: non doveva passare il messaggio secondo il quale una nuova giunta sarebbe bastata a risolvere i problemi della città, ma doveva risultare chiaro a tutti che oltre all’onestà era necessario chiedere ai futuri governanti di Parma scelte radicalmente diverse e coraggiose, attente ai bisogni reali della città e non alle speculazioni del mondo economico e finanziario.

Ciò ha condotto alla proposta di un Laboratorio politico permanente per l’alternativa durante l’assemblea pubblica cittadina del 29 settembre. Il Laboratorio, nato pubblicamente il 4 novembre 2011, è aperto a movimenti, comitati, gruppi, singoli cittadini interessati all’elaborazione di una alternativa politica per il futuro della città, attraverso una serie di Tavoli tematici, volti ad approfondire le questioni ritenute irrinunciabili ed urgenti (debito comunale e sistema delle società partecipate, lavoro, ambiente, territorio, energia, servizi alla persona, servizi educativi, diritto alla casa, accoglienza, patrimonio artistico e monumentale saccheggiato dai project financing, e via dicendo) al fine di produrre un’analisi circostanziata del presente ed elaborare una serie di proposte alternative, leggendo i fatti locali alla luce della situazione nazionale ed internazionale.

E poi avete deciso di “metterci la faccia” e di presentarvi alle elezioni comunali…

Una parte di coloro che si riconoscevano e si riconoscono tuttora nelle analisi, nelle attività e nelle proposte del Laboratorio politico hanno deciso che era venuto il momento di assumersi delle responsabilità. Di fronte al panorama che si prospettava, vale a dire andare alle elezioni amministrative, dopo tutto quello che era accaduto e le scelte decisive da compiere per il futuro della città, per scegliere tra il candidato Bernazzoli o il candidato Ubaldi, voleva dire davvero far finta di cambiare tutto per non cambiare niente. L’unica alternativa sarebbero stati i grillini. Abbiamo provato a fare un’alleanza con loro per correre insieme alle elezioni, ma non è stato nemmeno possibile confrontare i programmi, loro avevano di fatto intenzione di correre da soli, quantomeno senza nessun partito e previa autorizzazione di Beppe Grillo. Dunque, abbiamo pensato che fosse necessario dare voce da soli, con il sostegno di Rifondazione comunista, ad un’idea di città come bene comune da amministrare.

Cos’è successo durante la campagna elettorale?

Bisogna distinguere nettamente tra primo e secondo turno. Al primo turno tutti davano per scontato il ballottaggio fra Bernazzoli (grande coalizione PD IDV SEL Verdi PdCI etc etc) e Ubaldi (l’ex sindaco riciclato per un ritorno al futuro improponibile, sostenuto dalla sua lista civica e dall’UDC). Gli altri 8 candidati a sindaco venivano quasi sempre ignorati, anche se le ferree regole della par condicio in televisione imponevano le stesse presenze. Il Movimento 5 stelle ha condotto una campagna discreta, ma senza nessun particolare exploit. Unico tema – o quasi – l’ambiente, l’inceneritore, le energie rinnovabili, tutte cose importantissime, ma ripeto monotematiche. Altro argomento di Pizzarotti è stato la democrazia partecipativa. Indubbiamente le tematiche ambientali sono state determinanti, ma credo sia stato indispensabile l’apporto mediatico di Beppe Grillo. La rilevanza nazionale ha dato la spinta al movimento parmigiano, che ha ottenuto al primo turno un inaspettato 19,5%. Il secondo turno è stata una passeggiata per i grillini: Bernazzoli non ha preso nemmeno i voti del primo turno, mentre Pizzarotti ha preso sia i voti dei suoi, sia i voti della sinistra alternativa, sia i voti del centro destra (ovviamente con dubbie finalità).

E i grillini? L’impressione è che abbiano vampirizzato le lotte e catalizzato il consenso di quella Parma che votava per Ubaldi e Vignali.

Sicuramente anche una parte degli indignati ha votato per i grillini, quantomeno al secondo turno. Ma il 61% di Pizzarotti non si spiega se non con lo spostamento su di lui dell’elettorato del centro destra. E con la voglia di tanti di fare piazza pulita di tutti i partiti.

Qual è il bilancio della vostra esperienza? 

Parma Bene Comune ha  fatto una buona campagna elettorale, e ottenuto il 5% nonostante avesse una proposta complessa e molto articolata, non di così facile impatto  e senza nessun guru, anche se abbiamo potuto contare sul sostegno e la collaborazione di Alba, il soggetto politico nuovo di Revelli, Mattei, Viale, Rodotà, Ginsborg, Lucarelli, Torelli, e via dicendo. Il collegamento con chi a livello nazionale sta cercando di mettere in rete i soggetti politici che come noi si occupano di beni comuni e diritti prosegue e si consolida: il 30 giugno e il 1 luglio si terrà a Parma l’Assemblea nazionale di Alba.

L’esperienza elettorale, comunque, è stata meravigliosa, anche se faticosissima. L’incontro con le persone, la grande energia che nasce dal sapere che si sta dando voce a tanti cittadini e il grande senso di responsabilità che ne deriva ci fanno credere doveroso continuare a presentarci come interlocutori politici a chi amministra e a chi fa opposizione. Inoltre, in questa campagna abbiamo avuto la possibilità come Parma Bene Comune di acquisire moltissime conoscenze in campo amministrativo e di cominciare ad approfondire molte tematiche fondamentali per il governo della città. Intendiamo continuare a lavorare in questo senso, stando all’opposizione, anche se fuori dal Consiglio comunale. Infatti, e credo che anche questo ci dica qualcosa sulla legge elettorale che ci ritroviamo, siamo rimasti esclusi dalla distribuzione dei seggi, nonostante i miei 4504 voti.

 

 

 

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