Vittoria del referendum e potenza della moltitudine
di CARLO ROMAGNOLI
Crisi ambientale e crisi del debito sovrano (Grecia, Portogallo, ecc) vengono gestite dalla borghesia imperiale per ulteriori privatizzazione di servizi/beni comuni e per mettere al lavoro tutte le nostre vite, imponendo modelli di produzione di energia che, come il nucleare, sottraggono sovranità, militarizzano i territori ed espongono le popolazioni a rischi talora catastrofici.
Se questi giganteschi “furti di vita e di comune” vengono oggi gestiti da personale politico la cui permanenza in carica negli apparati amministrativi è strettamente dipendente dalla capacità di operare a favore dei mercati finanziari, l’usura cui viene sottoposta la credibilità di istituzioni e forze politiche che si fanno carico della loro attuazione è fortissima.
Collocando in questa cornice la vittoria del “si” nei quesiti referendari del 12 e 13 giugno è possibile cogliere, oltre alla pur importante abrogazione delle specifiche norme su cui tanto si è detto, una serie di processi tra cui:
a) la dimensione di programma che, nella crisi globale, emerge con l’interesse espresso dalla maggioranza della popolazione per i beni comuni. Qui è cruciale sottolineare che, proprio in quanto beni comuni, essi richiedono per restare tali un tipo di gestione che né il privato né il pubblico possono garantire, ricordando anche che i concetti di bene e gestione comune – come ci ricorda Elinor Ostrom - possono avere feconde valenze in un programma biopolitico di fase, tra cui:
a. una valenza descrittiva perché identificano modelli di governo che altrimenti non verrebbero esaminati;
b. una valenza costitutiva perché, fornendoci un nuovo linguaggio, ci aiutano a costituire nuove comunità sulla base dei principi relativi ai beni comuni;
c. una valenza espressiva perché il linguaggio dei beni comuni è un modo grazie al quale le persone possono rivendicare un legame personale con un insieme di risorse, nonché una solidarietà sociale gli uni con gli altri.
b) La perdita di ruolo delle forze politiche tradizionali, segnate da decenni di pratiche legate al “comandare comandando” e dalla vacuità che abbiamo sperimentato nascondersi dietro ai meccanismi di personalizzazione delle politica (primarie). Il flop della manifestazione di piazza del Popolo di venerdì scorso in cui i partiti e giornali di centro sinistra ( Manifesto compreso) hanno cercato di mettere il cappello sui referendum è stato un segnale preciso:
a. sia verso forze politiche che hanno avuto posizioni favorevoli ai mercati, alla privatizzazione della gestione dell’acqua ed al nucleare fino a tempi recenti e che continuano a distinguersi per l’assenza di riflessione e la carenza di proposte e sperimentazioni che rendano applicabile nel nostro contesto il principio “comandare obbedendo”.
b. Sia verso quei settori di movimento che vedono nella interazione con istituzioni locali e forze politiche di centro sinistra una condizione per la costruzione del comune.
c) La crescente difficoltà dei media ufficiali , pur sottoposti a processi di centralizzazione e integrazione, ad orientare scelte elettorali, far prevalere mappe cognitive funzionali al biopotere e a soddisfare i bisogni di relazione e comunicazione del precariato cognitivo, la cui eccedenza trova invece sbocchi sempre più potenti nella l’interazione orizzontale nel web 2.0. Questo infatti, anche in occasione dei referendum:
i. si mostra in grado di supportare i processi di auto attivazione delle singolarità e le loro interazioni cooperanti nella costruzione di percorsi di vita comuni, in un gigantesco processo di con ricerca in cui, insieme, si cerca di riconquistare potere sulla propria vita;
ii. rende controproducente, l’uso proprietario delle informazioni da parte delle pur articolate piattaforme dei media ufficiali, sempre meno credibili, sempre meno consultate e sempre meno in grado di garantire quel controllo sulle coscienze e sui comportamenti elettorali che pure in diverse condizioni socio economiche hanno garantito
iii. si è mostrato in grado di compensare, rovesciandole, le censure e le omissioni informative dei media mainstream, producendo tanta più informazione e relazione quanto più alcuni temi sono oggetto di censura.
Il forte ruolo che tali variabili hanno avuto nella congiuntura specifica in cui si è svolta la battaglia referendaria ha determinato il convergere delle singolarità verso un processo di aggregazione moltitudinaria, in cui i processi di costruzione del comune hanno creato senso, finendo per dare luogo ad un atto di potenza, in cui inizia a svelarsi la forza bio-politica del “divenire principe della moltitudine”.
Questo atto di potenza apre una fase nuova in cui:
- sottoporre a critica pratica le privatizzazioni e la finanziarizzazione della economia;
- porre la questione della trasformazione del pubblico in comune, aprendo sperimentazioni a diversi livelli per riprendere il controllo di servizi e beni comuni. Oltre che sull’acqua dove si sono aperte grandi prospettive applicative, sperimentazioni sono possibili fin da oggi sulla sanità e sulla istruzione( università);
- attivare camere del comune come momenti istituenti in cui:
o si condividono regole, e priorità;
o si effettuano valutazioni indipendenti sia sulla qualità che sull’impatto dei servizi;
o si verifica in regime di indipendenza la capacità di tecnici ed amministratori di adempiere al mandato loro assegnato con interventi efficaci ed appropriati.