Spagna: le moltitudini di maggio oltre la modernità
di DARIO LOVAGLIO
Spazzare via quello che resta è un compito difficile ma necessario, come lo è costruire un nuovo immaginario che, con urgenza, possa contrastare in maniera determinata la prossima ondata finanziaria sponsorizzata dal patto per la crescita proposto da Hollande e spalleggiato da Merkel. Da notare che il dibattito sulla crescita tutt’oggi investe lo scenario politico dell’America Latina consultabile nel dossier di UniNomade dedicato al tema.
In Spagna il peso del 15M grava sulle spalle di un movimento che nonostante la difficile situazione è cosciente della sua responsabilità storica. Per questo, a partire dall’esperienza dei movimenti che hanno animato le mobilitazioni dell’anno scorso, si è capita l’urgenza e la necessità di fare un passo in avanti rispetto alla semplice protesta e di circoscrivere i tempi e i contenuti della mobilitazione del 12 fino al 15 maggio. Mobilitazione che sul piano estensivo sta già assumendo la dimensione globale mentre su quello intensivo giocherà una partita tutta rivolta al tentativo di “ricomposizione del politico” nell’epoca del suo esaurimento.
Il rifiuto della rappresentanza è un valore diffuso nei movimenti spagnoli, nessuna negoziazione è possibile. Basti pensare allo sciopero generale del 29 marzo a Barcellona per capire come nulla rimane dentro ai sindacati e ai partiti, anzi dimostra come siano tutte quelle categorie escluse dal welfare e dai diritti a eccedere qualsiasi tentativo di cattura. In quell’occasione abbiamo visto la generosità dei settori più intelligenti dei sindacati alternativi affiancarsi con il corteo spontaneo senza nessuna bandiera. Lo stesso succede in queste settimane nelle assemblee settimanali di preparazione del 12 maggio dove, ripartendo da un punto avanzato, si sta costruendo la mobilitazione pensando al possibile sgombero già preannunciato da Jorge Fernández Díaz e dal consigliere catalano Felip Puig, limitando la discussione alle proposte delle azioni che si dispiegheranno durante la giornata del 15 maggio.
II nodi sono tutti interni al metodo della realizzazione delle giornate che attraverseranno il 12 maggio in Spagna: il rifiuto dei portavoce, il dibattito sul richiedere o meno l’autorizzazione per la manifestazione alle autorità e la volontà di tornare ad accampare nelle piazze per vivere insieme la costruzione dei modi possibili per ricostruire la politica dentro i processi vivi e non dentro i relitti delle istituzioni ormai ridotte a brandelli dal dogma della tecnocrazia. Nelle assemblee si parla di potere costituente e di reddito garantito come anni fa si parlava di composizione di classe o della riduzione dell’orario di lavoro: una dimensione che allude all’esempio islandese ovvero alle forme di consulta online per la scrittura della nuova costituzione; dall’altro la costruzione di una “auditoria” che ponga le basi per il rifiuto netto del ricatto imposto dal debito.
Internet svolge ancora una volta un ruolo fondamentale nell’organizzazione dei movimenti, nelle reti sociali e nelle liste interne dove si organizzano i gruppi di lavoro e si discutono le proposte, nelle assemblee virtuali su Mumble e nelle scritture collaborative sui Pad; in quelle esterne dove si pubblicano i contenuti elaborati nei gruppi o si crea opinione pubblica sui temi lavorati nelle reti interne. L’approccio organizzativo con le tecnologie è completamente strumentale alla viralità dei messaggi e alla loro diffusione. In questo senso la comunicazione diventa un elemento centrale sia nella preparazione dell’organizzazione e della sua articolazione che rispetto all’appropriazione dei messaggi anche da parte della composizione sociale più distante dal movimento.
Grazie al lavoro cominciato l’anno scorso da Democracia Real Ya (DRY) i punti che segnaleranno le azioni sono la cifra delle lotte contro la dittatura della finanza: non più un euro alle banche, contro la riforma del lavoro e contro la precarietà, per la università e la sanità pubblica, per il diritto a una casa degna e infine per una riforma fiscale e per il reddito di base universale. Se si mettono da parte le differenze lessicali, mai neutrali ma che vanno necessariamente tradotte nel loro contesto, il riconoscimento di questi assi programmatici dentro la crisi è immediato. Essi non vanno erroneamente interpretati come domande poste alle istituzioni ma rivolte alla società nel suo insieme che si sta interrogando su come rendere possibile la riappropriazione delle risorse materiali e immateriali strappate al comune dal pubblico e dal privato. Sono state le lotte stesse ad aver fatto emergere questo programma che, anche se incompleto, laddove non esistono più spazi di mediazione può diventare un punto di partenza per un nuovo esperimento politico europeo.